L’atmosfera dei teatri bellici della I guerra mondiale dominati dal Fokker Dr.1, il triplano dell’asso tedesco Manfred von Richthofen, per tutti il celebre e temuto «Barone Rosso»
“1917. Autunno. Belgio. Fiandre, dolci Fiandre! Quanto può essere facile morire nel vostro bel cielo da quando c’è lui, l’invincibile, il migliore di tutti, il rosso cavaliere senza paura: Manfred, baron von Richthofen!”.
Questa poetica frase di Attilio Micheluzzi, uno dei maestri del fumetto d’avventura italiano, evoca fedelmente l’atmosfera che permeava la vita dei piloti alleati operativi sulle Fiandre verso la fine della I Guerra Mondiale, e questo proprio a causa della netta supremazia aerea tedesca stigmatizzata dal rosso triplano Fokker Dr.1 di Manfred von Richthofen.
Tradotti in spietati dati statistici, quei versi sottolineavano infatti che la speranza di vita al fronte di pilota alleato, era solamente di alcune settimane
Un progetto innovativo realizzato a tempo di record
Anthony Fokker, olandese e uno dei pionieri dell’aviazione, costruì il suo aereo, il primo sia per lui che per l’aviazione olandese, nel 1910 ma avendo molto presto compreso che la Germania gli avrebbe fornito maggiori opportunità, si trasferì a Berlino dove, nel 1912, ricostituì la sua azienda.
Nel 1915 l’Ispettorato dell’Aviazione tedesca indisse una gara per la fornitura, in tempi molto rapidi, di un triplano da caccia in grado di far riconquistare alle squadriglie tedesche la supremazia nei cieli appannaggio degli alleati grazie ad un altro triplano, il Sopwith, che proprio come il futuro Fokker Dr.1, si era contraddistinto per la grande velocità con cui si portava in quota e per l’elevata manovrabilità.
Reinhold Platz, un costruttore autodidatta di straordinarie capacità che prima di ogni cosa amava la semplicità e l’efficacia, fu assai veloce nel progettare e costruire il «Dr.1» in base alle poche indicazioni fornitegli da Anthony Fokker – che ne fu poi l’abilissimo collaudatore – ma soprattutto grazie all’esame di un triplano alleato Sopwith costretto ad atterrare per problemi al motore al di qua delle linee tedesche.
Il Fokker Dr.1 detto anche «Dreidecker» («triplano» in lingua tedesca) venne utilizzato solo nelle ultime fasi della I Guerra Mondiale e divenne il più noto caccia tedesco proprio per la sua rara e particolare configurazione triplana.
Il mitico triplano tedesco: una realizzazione dai molti limiti
L’aereo, leggero, compatto e manovrabile, era mosso da un motore rotativo Thulin, a nove cilindri, da 110 cavalli, costruito in Svezia su licenza della ditta francese Le Rhòne (i grandi e tragici paradossi della guerra: aviatori tedeschi sparano ad aviatori alleati, e quindi anche francesi, pilotando aerei spinti da motori forniti proprio dai francesi!). Questo motore, se da una parte era leggero come l’aereo che supportava, dall’altra aveva gravosi consumi di benzina e di lubrificante la cui scarsità provocò molte avarie.
Le prestazioni del «Dr.1» erano, a livello di velocità, 160 km/h a 2.800 metri di quota che diventavano 140 km/h a 4.200 metri mentre la velocità di salita era di 5,7 metri al secondo.
L’armamento era composto da due mitragliatrici Maschinengewehr 08 calibro 7,92 mm adattate all’uso aeronautico, in grado di sparare 500 colpi al minuto. L’arma, molto famosa, non solo venne ampiamente utilizzata dai tedeschi nella guerra di trincea ma, a testimonianza della sua validità, era ancora la principale e più diffusa arma automatica dell’esercito del Reich nel settembre 1939 allo scatenarsi della II Guerra Mondiale.
Se molti erano gli elementi positivi del Dr.1, altrettanti erano quelli negativi: in primis, era più lento non solo dei caccia inglesi e francesi, ma anche degli Albatross e dei ricognitori Pfalz utilizzati dagli imperi centrali che – nelle intenzioni dei progettisti – il Dr.1 avrebbe dovuto surclassare; in particolare il basso rapporto di compressione del motore, influiva negativamente sulle prestazioni alle quote più elevate.
Per quanto atteneva poi al pilotaggio, il Dr.1 era difficile da gestire sia in fase di atterraggio e sia dopo aver toccato terra e questo a causa della sua sgradevole tendenza a capovolgersi. L’abitacolo poi, a causa delle caratteristiche di compattezza del velivolo, era piccolo e stretto e la sistemazione delle mitragliatrici, molto vicine al corpo del pilota, era fonte di potenziale pericolo negli atterraggi di emergenza e conseguenti contraccolpi.
In altre parole questo nuovo caccia rappresentava un passo indietro rispetto a diversi altri velivoli impiegati nel conflitto sia dai tedeschi che dagli alleati.
Comunque, col passare dei mesi, la Fokker riuscì ad apportare migliorie all’aereo anche se, a causa di alcuni incidenti mortali, il «Dr.1» non riuscì mai a riconquistare la piena fiducia dei piloti.
Di conseguenza la Fokker non ricevette mai grandi ordinativi da parte delle autorità militari e, nonostante il caccia fosse stato prodotto fino al maggio del 1918, ne sarebbero stati in totale realizzati solo 320 esemplari.
Richthofen e il Circo Volante
I primi due Fokker Dr.1 prodotti, vennero consegnati a fine agosto 1917 allo Jagdgeschwader I, di stanza al fronte e comandato proprio dal già allora famoso Manfred von Richthofen che ne ricevette uno. Il battesimo del fuoco del nuovo velivolo fu piuttosto positivo tanto che la produzione vera e propria dello stesso inizierà nell’ottobre dello stesso anno.
Poiché il Fokker Dr.1 non era, come abbiamo visto, un aereo perfetto è molto probabile che proprio per questo motivo sia stato affidato a un gruppo di piloti eccezionali capeggiato proprio da Manfred von Richthofen il cui appellativo di «Barone Rosso» era dovuto al fatto che molti degli aerei da lui pilotati erano completamente dipinti proprio di questo colore.
Richthofen legò in modo indissolubile il suo nome al «Dr.1», conquistando proprio con questo velivolo le ultime 21 vittorie delle 80 totali ottenute nel corso del conflitto, che lo resero il pilota più letale della I Guerra Mondiale e gli fecero guadagnare anche l’appellativo di «asso degli assi».
In occasione della sua sedicesima vittoria, alla fine del 1916, il pilota tedesco era stato insignito della «Pour le mérite», la più alta decorazione di merito del Regno di Prussia, ed aveva ottenuto quindi il comando della «Jasta 11», la squadriglia da caccia che sarebbe diventata poi nota come il Circo Volante in virtù dei vivaci colori che decoravano gli apparecchi, per l’abilità dei piloti, tutti personalmente vagliati e scelti da Richtofen per la loro determinazione e fame di successo (vedi il video di «Richthofen’s Flying Circus»):
Lo stesso Barone Rosso ebbe a dire di sé: “Sono un cacciatore: ogniqualvolta riesco ad abbattere un aereo inglese, il mio desiderio di caccia è soddisfatto, ma solo per un quarto d’ora”.
In particolare, facevano parte della squadra un pilota, Hermann Goering, che sarebbe successivamente diventato il capo della Luftwaffe ed uno dei maggiori gerarchi nazisti ed il fratello minore di von Richthofen, Lothar, che alla fine del conflitto aveva fatto registrare la ragguardevole cifra di 40 vittorie.
Tuttavia, i loro stili di combattimento erano diametralmente opposti: Manfred era freddo, calcolatore, prudente e raramente prendeva rischi elevati, mentre Lothar era irruente e spericolato. Nonostante questo, e paradossalmente ed al contrario di Manfred, Lothar riuscì a sopravvivere al conflitto pur venendo ferito diverse volte in battaglia.
La fine della storia, l’inizio della leggenda
Il 21 aprile 1918 Richthofen decollò insieme ad altri nove piloti, fra cui suo cugino Wolfram von Richthofen, inesperto e da poco al fronte e si scontrarono con una squadriglia di Sopwith Camel della neonata Royal Air Force, costituita proprio il primo aprile di quello stesso anno.
Il tenente canadese Wilfrid May, anch’egli alle prime missioni di guerra, notò che Wolfram von Richthofen restava ai margini del combattimento e quindi decise di attaccarlo mettendosi sulla sua coda. Il Barone Rosso, accortosi della manovra, si pose all’inseguimento dell’aereo di May che, inceppatasi la mitragliatrice, cercò di disimpegnarsi mentre un altro pilota canadese, il capitano Roy Brown, si accorse che Richthofen stava per attaccare May e decise a sua volta di intervenire; gli aerei di May, Richthofen e Brown, uno di seguito all’altro, si ritrovarono dunque a sorvolare a bassissima quota la terra di nessuno che separava le trincee tedesche da quelle alleate.
Richthofen, visto il complicarsi della situazione, desistette dall’inseguimento di May ma quando virò per rientrare nelle linee tedesche, si trovò invece a volare, sembra per l’errato calcolo della sua posizione, sopra una delle zone più presidiate dalle truppe alleate del fronte della Somme, dove si era da poco conclusa la seconda di due sanguinosissime battaglie terrestri.
Il Fokker Dr.1 divenne quindi bersaglio non solo dai colpi del capitano Brown ma, soprattutto, di quelli provenienti dalle trincee francesi. Alla fine, il triplano perse quota e atterrò intatto tra le linee alleate; alcuni soldati, testimoni oculari dell’evento, riferirono di aver trovato Richthofen al suo posto di pilotaggio, riverso sulla cloche e già morto; altri, al contrario, affermarono che l’asso tedesco sopravvisse ancora alcuni minuti.
La sua fama era già allora grandissima, tanto che subito dopo l’atterraggio di fortuna il Fokker Dr.1 venne quasi smontato dai soldati alleati accorsi alla ricerca di un souvenir; tuttavia – conferma della cavalleria e del fair-play allora esistente anche fra nemici – qualche giorno dopo un caccia inglese fece cadere sul campo-base tedesco di Cappy il seguente messaggio: “Al Corpo d’Aviazione Tedesco. Il capitano barone Manfred von Richtofen è stato ucciso in battaglia il 21 aprile 1918 e seppellito con tutti gli onori militari”.
Roy Brown non rivendicò mai ufficialmente la vittoria dell’abbattimento di Richthofen, sostenendo che lo stesso era stato dovuto non ai colpi da lui sparati ma al sergente Popkin o all’artigliere Robert Buie della contraerea australiana.
Ad ogni modo la conclusione della breve parabola terrena di Richthofen (pochi giorni dopo avrebbe compiuto ventisei anni) coincise con l’inizio della sua leggenda.
Un mito intramontabile
È passato più di un secolo dall’abbattimento del Barone Rosso e del suo Fokker triplano, eppure entrambi sono rimasti tra i simboli più celebrati dai media nel corso dei decenni, tanto da uscire dal ristretto ambito aeronautico per diventare patrimonio dell’immaginario popolare. Eccone alcuni esempi.
Ed infine impossibile dimenticare che il Barone Rosso è stato l’acerrimo nemico di Snoopy, il simpaticissimo bracchetto della saga fumettistica dei Penauts creata da Charles Shulz, che immaginava di essere un aviatore alleato della I Guerra Mondiale.
Alla figura del Barone Rosso sono stati dedicati anche due film: il primo del 1971, «The Red Baron-Von Richthofen and Roy Brown», il secondo del 2008 «The Red Baron».
Segnaliamo a chi volesse assaggiare le atmosfere di una guerra aerea crudele ma ancora cavalleresca, nella quale i contendenti potevano guardarsi in faccia, la parte finale del film «Von Richtofen&Brown» (http://www.youtube.com/watch?v=HxWHdFAW2jI) che mostra il duello in realtà mai avvenuto fra i due ma, si sa, la sceneggiatura ha le sue esigenze e si prende le sue libertà; molto bello anche il documentario «Dogfight – the mystery of the red baron» (http://www.youtube.com/watch?v=U83fBrkqByc) ricco di filmati originali dell’epoca girati sui campi di battaglia. Per volesse vedere l’intero film in lingua «The Red Baron», può andare su http://www.youtube.com/watch?v=tKxO35f-Np8.
Ovviamente anche il settore modellistico si è occupato del Fokker Dr.1 del Barone Rosso del quale ancora oggi si possono trovare alcune riproduzioni sia statiche (Revell 1/28 e 1/72) che volanti (sia JPerkins che Greatplanes hanno a listino la riproduzione del Dr. 1 in grande scala, radiocomandata con motore elettrico).
Costantino Rossi