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Trabant: stava all’Est come il Maggiolino all’Ovest

Breve storia di una scatola su quattro ruote che motorizzò l’ex DDR

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Chi ha visitato Berlino e visto il suo Muro, o quel poco che fortunatamente ne rimane, certamente ricorderà la East Side Gallery che, ai tempi della divisione delle due Germanie, era la parte del famigerato divisorio rivolta, appunto, ad Est. Dopo l’unificazione quel Muro divenne una gigantesca «tela» sulla quale artisti e gente qualunque tradussero in immagini il loro pensiero, utilizzando simboli del passato, come il famoso bacio fra Breznev ed Honecker e celebre divenne il fotomontaggio composto dal murale del bacio e quello di una Traby che sfuggiva appunto al bacio che in quei tempi e luoghi, era considerato politically correct.

Ma il murale della piccola Trabant che, simbolicamente, sfondava il muro per «conquistare» il lato ovest della città divenne una realtà che si materializzò nei fumosi cortei che superarono i varchi smantellati, divenendo immagini-simbolo della ritrovata libertà dei tedeschi dell’Est e questo fenomeno divenne oggetto di rievocazione nel settembre del 2011, come ci dimostra questo filmato:

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Prima della riunificazione queste piccole auto nate nel 1957 e prodotte sino al 1991 apparentemente uguali a loro stesse, furono viceversa l’emblema del raggiunto «benessere» del fortunato proprietario.

Come la Volkswagen voleva essere l’auto del popolo del Terzo Reich, così la Trabant lo fu per i tedeschi dell’Est che, se non appartenenti alla nomenclatura, solo a quello potevano aspirare visto che il suo costo d’acquisto corrispondeva grosso modo al salario annuo di un lavoratore medio; quelli invece «più uguali» degli altri potevano aspirare ad una Wartburg, di qualità, tecnologia e costi enormemente superiori alla Trabant i cui tempi di attesa erano comunque biblici.

Le origini

L’auto venne progettata dall’ing. Werner Lang che da tempo prestava la sua opera nella fabbrica Horch a Zwickau (poi VEB Sachsenring Automobilwerke Zwickau) della quale divenne prima direttore tecnico e poi, nel 1958, capo progettista.

Con la fine della seconda guerra mondiale e della suddivisione della Germania in quattro zone, delle quali quella orientale passò all’URSS che delle fabbriche tedesche requisì macchinari, documentazioni tecniche e progetti, per poi riorganizzare ciò che restava dell’industria sulla base dei piani di sviluppo ai quali ciascuna repubblica satellite doveva sottostare. Fu così che gli ex stabilimenti Auto Union e Horch di Zwickau vennero inglobati nel conglomerato Industrieverband Fahrzeugbau (IFA), destinato alla produzione di veicoli di vario genere, dalle motociclette ai camion.

Erano quelli gli stabilimenti dove aveva operato anche la Horch, nota per le sue auto di lusso, nel cui stabilimento di Zwickau a partire dal 1949 venne dato il via alla produzione dei modelli IFA «F8» ed IFA «F9», rispettivamente a due e tre cilindri e con motore due tempi raffreddati ad acqua le cui evoluzioni avrebbero equipaggiato la Trabant che, prima di essere configurata come auto, venne inizialmente progettata come motoveicolo e solo con il procedere dei lavori si optò per una soluzione a 4 ruote con motore due tempi da 500 cc.

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L’auto era composta da un telaio in longheroni d’acciaio sul quale era montata una carrozzeria in fibra di vetro sulle cui caratteristiche torneremo più avanti;  la meccanica di quella che può essere considerata la prima vera Trabant (la AWZ «P-70») era costituita da un motore bicilindrico a due tempi di 690 cc da 22 cv che, abbinato ad un cambio a tre marce non sincronizzate, spingeva la vetturetta sino ai 90 km/h.

Semplicità era la parola d’ordine: motore a due tempi senza albero a camme né valvole e quindi niente cinghia o catena di distribuzione, raffreddamento ad aria (e quindi niente radiatore, né ventola, termostato, pompa dell’acqua…) ed infine niente coppa né pompa dell’olio. Alla P-70 seguì la «P 601» che manteneva l’impostazione generale della sua progenitrice pur con una serie di importanti modifiche quali l’introduzione di un cambio a quattro marce, dell’accensione elettronica e diverse testate con luci di immissione (travaso) e scarico ridisegnate, il tutto per una potenza di 26 cv (peraltro simile a quella delle utilitarie Fiat degli anni ’60).

Ma torniamo alla carrozzeria in fibra di vetro «Duroplast» la cui adozione pose la Trabant fra le primissime auto tedesche carrozzate con questo tipo di materiale che fu scelto, secondo il racconto dello stesso ing. Lang, perché “La DDR non produceva abbastanza acciaio ed il Governo non voleva costruire macchine con materie prime di importazione. Per questo motivo feci ricorso al Duroplast, un innovativo mix di resine fenoliche e cotone riciclato”.

Il Duroplast era un materiale pressato di notevole spessore che rispetto alla lamiera d’acciaio presentava vantaggi quali la facilità di modellazione e di produzione, il minor peso, una totale assenza di corrosione, forte potere isolante e scarsa deformabilità in caso di urti; per contro in caso di forti e prolungate vibrazioni e/o in presenza di forti sbalzi termici, prima si crepava e poi si spaccava e non era in alcun modo smaltibile quindi l’unica soluzione fu trovata nella macinazione delle carrozzerie i cui «trucioli» venivano riutilizzati come componenti delle pavimentazioni stradali.

I modelli

Tre le versioni della Trabant: berlina, cabriolet e giardinetta;  dal 1954 al ’59 fu prodotta (in circa 36mila esemplari) la AWZ P70, dal ’57 al ’62 la P/50 in oltre 131mila esemplari, dal ’62 al ’65 la P/60 (circa 106mila vetture), dal ’64 al ’90 la 601 (2,8 milioni) e – volo del cigno – dal 1989 al ’91, la Trabant 1,1 in circa 40mila esemplari  per un totale di oltre 3,1 milioni di «pezzi».

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Le «601» prodotte negli anni ’60-’80, montavano i motori a due tempi di 595 cc per 25 cavalli ma molti proprietari di queste vetturette li sostituirono con quelli da 1 litro della Volkswagen Polo e quelli della Fiat 128; d’altra parte il motore a due tempi non andava al di sotto dei 29”… nello 0-100 km/h e non superava i 112 km/h di velocità massima.

La riunificazione della DDR alla Germania occidentale alle cui misure anti-inquinamento la Trabant si sarebbe dovuta adeguare, segnò la fine della sua produzione nel cui ciclo l’estemporaneità e l’inventiva dell’uomo rivestiva grande importanza come mostra questo divertente video che svela qualche trucco utilizzato in sede di verifica dell’allineamento di cofani e portiere alla scocca e la metodologia di lavoro nella fase di controllo della tenuta all’acqua.

https://youtu.be/zBsPFI–muo

Le curiosità

Chi non ricorda la famosa «prova dell’Alce»? Scopo della manovra era evitare un ostacolo improvviso in movimento (l’Alce appunto) e quindi il conducente per evitarlo doveva sterzare bruscamente verso la corsia di marcia opposta e poi immediatamente controsterzare per rientrare nella propria corsia. La prova veniva eseguita più volte, a velocità sempre crescenti, sino a che l’auto non perdeva, quanto meno, aderenza.

Questa prova divenne famosa nel 1997 per il suo mancato superamento, la prima volta, da parte della Mercedes Classe A che venne immediatamente corretta e che oggi, nelle sue varie versioni,  sappiamo avere una tenuta di assoluto livello; viceversa la Trabant  già nel 1990 superò la prova al primo tentativo e questo fece molto scalpore anche perché l’auto non godeva di particolare fama ed era stata inserita – a seguito di un sondaggio effettuato dal settimanale TIME – tra le 50 auto peggiori della storia.

Sul fatto che la Trabant sia stata e sia un brutto anatroccolo proprio non ci piove ma questo non le impedì – né le impedisce oggi – di avere una vita agonistica dignitosa se non addirittura interessante quando impiegata in percorsi tortuosi; guardate a questo proposito cosa è stato in grado di combinare Wolfgang Ziegler nel 2011 sul circuito di Hockenheim ring in una gara riservata a vetture Turismo preparate (Campionato YTCC); in quell’occasione, nel tratto guidato, ha ridicolizzato una ben più potente BMW che nel tratto veloce, ovviamente se ne andava, ma solo grazie alla ben diversa potenza:

I tentativi «elettrici»

In occasione del cinquantennale della «Trabi», la Herpa, nota casa di modellismo e la IndyKar, società di engineering, si proposero al Salone di Francoforte del 2007, di rilanciare la Trabant in versione elettrica; due anni dopo, venne presentato un gradevole prototipo opera di Nils Poschwatta giovane designer tedesco proveniente dalla Volkswagen.

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La fumosa Trabant a due tempi si era trasformata in una trazione anteriore mossa da un motore elettrico da 45 kW, alimentato da batterie agli ioni di Litio alloggiate al retrotreno; velocità massima ed autonomia dichiarate: 130 km/h e 160 chilometri.

Secondo le previsioni il prototipo sarebbe dovuto diventare un prodotto di serie già nel 2012 (costo al pubblico tra i 20 ed 25mila euro) ma il progetto non trovò la giusta sponda finanziaria e neppure il giusto fornitore della parte elettrica.

Tuttavia la possibilità di avere una Trabant elettrica è rimasta in vita grazie ad un kit di trasformazione – il ReeVolt – che la trasforma in ZEV (con i conseguenti vantaggi in termini di costo di gestione ordinaria e di libera circolazione) ad un costo di 12mila euro al quale va aggiunto quello della mano d’opera (circa 1000 euro); gli attori in questo caso sono la Wemag (azienda di energia del Meclemburgo) e la sua controllata ReeVOLT.

La batteria da 11 kWh pesa 50 kg, viene alloggiata nel portabagagli ed ha un tempo di ricarica (alla presa domestica) di circa 5 ore e mezza; velocità massima 110 km/h e 130 chilometri di autonomia

Il mercato oggi

A seguito della riunificazione si accese anche in Occidente un qual certo interesse per queste auto che attorno agli anni ’90 si potevano acquistare veramente a pochi soldi grazie alla grande quantità di esemplari disponibili; man mano che il loro numero diminuiva, le quotazioni ovviamente aumentavano rimanendo sempre e comunque accessibili (da 1.500/2.000 a 10-12.000 euro in funzione delle condizioni).

Ad ogni modo qualche esemplare di Trabant continua a circolare in paesi come Ungheria, Romania, Bulgaria e Moldavia.

Conoscere la Traby, ma farci anche un giro

Esiste a Berlino un Museo Trabant (sito anche in italiano: http://www.trabi-museum.com/it) che si trova nelle immediate vicinanze del famoso Checkpoint Charlie.

In questo Museo si possono ripercorrere le modalità di costruzione di quest’auto e rendersi conto, de visu, della sua versatilità: da auto normale a mezzo da campeggio sino all’utilizzo come auto da corsa e veicolo militare.

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Coloro che vogliono cimentarsi alla guida della Trabant per le strade di Berlino possono fare una visita al Trabi World di fronte al Muro di Berlino mentre, per chi si vuol far condurre, è invece possibile prenotare diversi tour attraverso Berlino Est e Ovest o lungo l’ex tracciato del Muro.

[ Giovanni Notaro ]