Dopo l’arresto di Carlos Ghosn, Presidente del gruppo Nissan-Renault-Mitsubishi e uno degli uomini più potenti del mondo dell’auto, fioriscono le previsioni sul prossimo futuro del gruppo. In particolare, per la Casa della Losanga
Un nuovo caso Volkswagen?
All’indomani della tempesta in casa Nissan, causata dalle vicissitudini giudiziarie del top manager Carlos Ghosn, uno degli architetti che idearono l’alleanza Nissan-Renault, la memoria è corsa istintiva alle ripercussioni che il gruppo Volkswagen ha dovuto gestire al verificarsi dello scandalo Dieselgate. E se le immediate conseguenze in borsa erano prevedibili (il titolo Nissan, a Tokyo, è subito sceso fino al 6%, mentre le azioni di Mitsubishi Motors sono calate del 7,4%), lo è assai meno il futuro del marchio Renault, vale a dire il fronte europeo della più importante alleanza mondiale nell’auto.
Le notizie da Parigi, tanto per soffermarsi sulle vicende di Borsa, sono per ora piuttosto sconfortanti: Renault ha infatti chiuso in forte calo, col titolo che ha ceduto l’8,4% a 59,06 euro, ai minimi degli ultimi tre anni.
Le accuse
È bene ricordare che l’accusa mossa a Ghosn – salito al vertice del gruppo in occasione dell’acquisizione di Mitsubishi, marchio reduce dallo scandalo delle emissioni atmosferiche – non è di evasione fiscale, ma è di aver violato regolamenti finanziari relativi al suo compenso. Così come serve ricordare che in Francia, già da tempo, c’era chi voleva la testa di Ghosn, personaggio certamente dotato di capacità, autorevolezza e carisma, ma al tempo stesso non amato da tutti. In particolare dal Presidente della Repubblica Emmanuel Macron, che già al recente rinnovo di incarico aveva affiancato a Ghosn, come delfino incaricato di succedergli, l’industriale Thierry Bolloré (ndr. cugino del patron di Vivendi) per decidere la linea di indirizzo di un’impresa che – ed è bene ricordare anche questo – è posseduta al 15% dallo Stato francese.
L’attuale titolare del Dicastero economico d’Oltralpe, Bruno Le Maire ha dichiarato – pur ammettendo che un’inchiesta interna in Renault non ha rilevato alcuna irregolarità – che è impossibile per Ghosn, stante la situazione emersa in Giappone, mantenere le redini del gruppo Renault. E la rimozione, come previsto…, sta avendo il suo corso.
Quali cambiamenti?
Cosa succederà, adesso, a un gruppo potentissimo, che all’inizio del 2018 ha superato il gruppo Volkswagen per volumi di vendita? È ancora presto per dirlo, ma chi conosce bene il mondo dell’industria – e non solo quello dell’auto – sa che ci sono alleanze che non possono interrompersi. Anche se l’intesa tra Nissan e Renault (che ha successivamente incluso anche Mitsubishi) non è mai diventata una vera e propria fusione. E forse è proprio qui il punto. Tutto comincia, infatti, da come è nata l’inchiesta che ha portato Ghosn nei guai: a parlare della condotta disinvolta nel gestire i beni di Nissan a proprio vantaggio, e nelle dichiarazioni sui suoi introiti personali (reati che in Giappone possono portare a una condanna fino a dieci anni) sia stato un dirigente che, a sua volta, era già indagato in precedenza. Si avanza quindi l’ipotesi che una «gola profonda» possa aver potuto invocare una certa clemenza nei suoi confronti, a fronte di dichiarazioni funzionali a smuovere le acque verso scopi ben più consistenti di quelli, pur nobili, legati alla giustizia.
Il fatto è che Nissan è controllata, per il 43%, da Renault, ed è oggi assai più profittevole, di ben tre volte di più!, della Casa francese. Mentre Nissan a sua volta detiene il 15% delle azioni della Losanga. E se da un lato la presenza di Renault nel capitale di Nissan è, da tempo, considerata «ingombrante» per i giapponesi, dall’altro c’è lo Stato francese (che, come detto, detiene il 15% di Renault) che non intende perdere il controllo di Nissan; ne è un indizio la dichiarazione di Martin Vial, Responsabile delle partecipazioni azionarie detenute dallo Stato, di voler «rafforzare» l’integrazione tra le due aziende.
Per qualcuno, pertanto, contro Ghosn ci sarebbe una complessa macchinazione che ha tutto il sapore di un «golpe» deciso da tempo. Lo testimonia anche la rapidità con cui il board di Nissan ha proceduto a sostituire il fautore della sua rinascita. Tutto questo stato di cose, a seguito della caduta dell’uomo che aveva costruito l’alleanza franco-giapponese, potrebbe ora rimettersi in discussione. E il vero problema è decidere come ciò possa avvenire, considerando che la forte condivisione di piattaforme, motori (a partire dai turbodiesel Renault, montati su molti modelli Nissan di gamma media) e fabbriche. Se una separazione dovesse pertanto esserci, sarà pertanto un processo lungo, complesso, e certamente non indolore.
[ Tony Colomba ]