Il corretto smaltimento degli pneumatici impone il pagamento di un contributo ambientale, a cui però si sono sempre sottratti i venditori via web. Il Ministero dell’Ambiente risolve la questione
Non è più tempo di «scorciatoie» per evitare il pagamento del contributo ambientale relativo al corretto smaltimento, per i venditori di pneumatici via web con sede all’estero.
Il Consorzio EcoTyre apprende soddisfatto, dopo mesi di battaglia trascorsi a fianco dell’on. Ermete Realacci, la risposta delle Istituzioni all’interrogazione parlamentare del Presidente della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, presentata dopo la conferenza stampa dell’Annual Report EcoTyre, lo scorso 14 giugno a Roma, sulla vendita al dettaglio degli pneumatici attraverso canali web: “Siamo molto soddisfatti della risposta ottenuta dal Ministero dell’Ambiente – ha detto Enrico Ambrogio, Presidente di EcoTyre – sull’annosa questione che affligge il mercato degli pneumatici da ormai troppo tempo: la possibilità da parte di quei soggetti commerciali con sede all’estero che, operando attraverso canali web, non pagano il contributo ambientale per lo smaltimento degli pneumatici giunti a fine vita (PFU). Come se questi pneumatici non avessero lo stesso impatto ambientale rispetto a quelli venduti attraverso canali tradizionali”.
La normativa italiana, infatti, impone che i produttori, al momento di acquisto di uno pneumatico, versino un contributo a uno dei Consorzi previsti come garanzia del suo corretto smaltimento una volta giunto a fine vita. Il fenomeno di aggirare la normativa per i «professionisti» del web è decisamente in crescita ed oggi è pari al 3% del mercato ed equivalente a 2 milioni di pezzi pari a 12.000 tonnellate di PFU (Pneumatici Fuori Uso).
Sulla base di queste stime, “il mancato versamento del contributo ambientale – precisa Ambrogio – ammonterebbe a circa 5 milioni di euro. Questo comporta 3 gravi conseguenze per il settore: Un mancato introito per l’Erario pari a 1 milione di euro, in ragione dell’IVA applicata al contributo. Un ingiusto vantaggio sul prezzo di vendita, ottenuto dalla mancata applicazione del contributo, comporta una distorsione della concorrenza che danneggia i produttori e gli importatori che applicano correttamente la legge. Il fatto che questi pneumatici, non contabilizzati come immessi sul mercato, una volta giunti a fine vita ricadono sulla collettività per la loro raccolta e trattamento, per un costo stimabile in circa 5 milioni di euro.
Nella risposta del Ministero, quindi, si specifica che il venditore di pneumatici stabilito in un altro Stato membro che cede a consumatori in Italia tramite «canali web» (B2C) rientra nella nozione di importatore di pneumatici e pertanto deve adempiere agli obblighi statuiti dal D.M. 82/2011 e pagare il contributo ambientale.
[ Roberta Di Giuli ]