Doveroso omaggio ad un campione dell’altra velocità… che ci ha fatto sognare
12 settembre 1979: allo starter l’avvio è lento come spesso gli accade ma il recupero pressoché immediato; all’uscita di curva, in traiettoria esterna, è già quarto e supera in accelerazione tutti gli avversari rifilando al secondo 2” di distacco. Non parliamo di un pilota che ha vinto sfruttando il giusto mix fra coppia e potenza massima ma di un atleta che vinceva “parlando” quello stesso linguaggio: accelerazione, potenza e traiettoria; ed i parametri? Quando parliamo di scatto non misuriamo le prestazioni sullo 0-100 e 0-200 metri o chilometri che siano non c’è differenza concettuale e poi la leggenda vuole che il ragazzo Mennea sfidasse a Barletta in accelerazione le auto degli amici, spesso battendole.
Quell’oro artigliato alle Universiadi di Città del Messico rimase e rimane indissolubilmente legato all’atleta, al di là delle altre affermazioni olimpiche e non; Pietro Mennea era uno scricciolo d’uomo caratterizzato da grinta e volontà incredibili che gli fruttarono 52 presenze in Nazionale, 528 gare e cinque finali olimpiche, l’oro del ’79 in Messico e dell’80 alle Olimpiadi di Mosca con quel mitico 19”72 che sarebbe rimasto inviolato per ben 16 anni (ma che ancora oggi rimane il miglior tempo mai conseguito da un europeo sui 200 metri), tre titoli europei, l’argento mondiale con la staffetta a Helsinki ’83 ed il bronzo alla 4 x 400 a Mosca; ed ancora nell’82 e nell’87 due rientri da urlo, considerato che il tempo che passa non perdona nessuno e meno che mai un atleta.
Novella Calligaris ex nuotatrice olimpionica del 1972 e oggi giornalista televisiva sportiva, ha detto che Mennea “Ha dimostrato che il muscolo numero uno si chiama cervello e che quando quello funziona si arriva anche dove neppure gli scienziati sanno spiegare” e che “è stato un atleta straordinario, complesso, per certi versi spigoloso, ma estremamente generoso; un uomo a 360 gradi”.
E proprio a proposito dei suoi 360°, ovvero della sua poliedricità, così come nel nostro sport un grande “stradista” deve avere dalla sua questa grande dote, così Mennea ne ha dato plurima dimostrazione: dalla Laurea in Giurisprudenza conseguita dopo Seoul, nel 1986, a quelle in Scienze Politiche, Lettere e Scienze Motorie, dalla lotta contro il doping alla (breve) carriera politica (deputato europeo con Di Pietro e relatore del Rapporto sullo sport – Strasburgo 2000); dal volontario ma temporaneo allontanamento dall’atletica all’interesse per il calcio (altra parentesi breve) in qualità di dirigente della Salernitana.
Livio Berruti che ben ha conosciuto Mennea – ha dichiarato che ”è stato un inno alla resistenza, alla tenacia e alla sofferenza. All’atletica italiana manca questa grande voglia di emergere e di mettersi in luce” mentre secondo il Presidente del Coni Giovanni Malagò – che ha disposto affinché il Coni al Foro Italico ospitasse la camera ardente – “Mennea non era un superuomo, ma è riuscito in imprese che hanno fatto la storia dello sport… Sapevo della sua malattia, gestita con riservatezza, come era nello stile della persona”.
Discrezione, grinta, determinazione, intelligenza, poliedricità e senso morale: il piccolo, grandissimo contenitore di tutto ciò se ne è andato a soli 60 anni. E ci mancherà.
Redazione Motori360.it