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La storia della Dakar

“Il deserto mi ha lasciato vivere. Il deserto mi richiama”
Thierry Sabine

 

Si è da poco conclusa la 35° edizione della “Dakar sicuramente uno dei più – se non “il più” – massacrante e leggendario rally-raid al mondo; una gara unica, affascinante, pericolosa e sempre molto discussa. Questa edizione, come previsto, è stata vinta dalla Mini del frances  Stéphane Peterhansel al suo undicesimo successo assoluto fra moto ed auto e navigato da Jean-Paul Cottret. Nella classifica Camion da segnalare la tripletta della russa Kamaz assidua frequentatrice del gradino più alto del podio (primo equipaggio  Eduard Nikolaev/Sergey Savostin/Vladimir Rybakov); nelle moto Cyril Despres su KTM, primo dopo una gara piuttosto tesa, è al suo quinto successo mentre fra i quad  Marcos Patronelli su Yamaha, ha bissato la vittoria 2010; tornando alle auto, la classe T2, è stato vinta da  Xavi-Foj su Toyota Land Cruiser passo corto gommata Cooper.

 

 

La classe T2  rispetto ai mostri da classifica assoluta della T1,  comprende per preparazione le vetture più vicine allo spirito originario della Parigi Dakar e quindi ci piacerà tornare a breve su questa come su altre protagoniste anche delle passate edizioni della Dakar della quale quest’ultima edizione, rappresenta la punta di un iceberg agonistico, umano e tecnico lungo ben 35 anni la cui storia vogliamo oggi ripercorrere con voi inserendo quando possibile alcuni links a filmati d’epoca  e non. La Parigi-Dakar – ovvero l’attuale “Rally Dakar” di oggi – conserva inalterato il suo spirito d’avventura ed il carico emozionale che l’hanno sempre caratterizzata. La prima edizione prese il via il 26 dicembre 1978 dalla parigina Place del Trocadero, dalla quale partiva una “route” lunga  oltre 10.000 km che i 182 concorrenti avrebbero affrontato armati di… nulla se non bussola e carta geografica. Solo due erano le categorie in gara: moto ed auto; camion e quad sarebbero arrivati in seguito. Fu un’impresa pionieristica nel vero senso della parola: dei 182 partiti furono solo 73 quelli che il 14 gennaio successivo raggiunsero la spiaggia del Lago Rosa; la vittoria andò al ventiduenne Cyril Neveu su XT 500, una delle prime moto da enduro prodotte dalla Yamaha, mentre la prima fra le auto, e quarta assoluta, fu la Range Rover della coppia Genestier-Terbiaut. Per dare un’idea sia della durezza e sia dei pericoli che ciascun equipaggio doveva quotidianamente affrontare, basti ricordare che l’ideatore della gara, Tierry Sabine, nel briefing mattutino che precedeva ogni tappa raccomandava ai partecipanti di portare con loro almeno cinque litri di acqua ed evitare di attraversare villaggi ad alta velocità. Tutti in questa prima edizione si trovarono a dover prendere cognizione delle proprie reali capacità: gli equipaggi, che spesso perdevano la strada, i preparatori e le assistenze la cui sottovalutazione di gara e contesto causò numerosi abbandoni per guasti meccanici ed infine anche la stessa macchina organizzativa che si affinò edizione dopo edizione. Vista nei primi tempi con scetticismo, la competizione conquistò velocemente l’attenzione dei media con radio, tv e stampa che iniziarono a diffondere – tappa dopo tappa – le notizie provenienti direttamente dalle piste africane. Anche per gli stessi abitanti del luogo la corsa diventava a poco a poco  un appuntamento abituale al quale si univano riversandosi  incuriositi ai lati del tracciato. La notorietà della Parigi-Dakar stava crescendo, così come il numero di piloti e mezzi che vi prendevano parte. Nel regolamento non erano infatti presenti limitazioni per i veicoli e si poteva gareggiare anche con una Vespa della Piaggio o con una Rolls Royce sia pur preparata (come fece Thierry de Montcorgè nel 1981), con i dune-buggies, le 4×4 ed anche con i camion, che diventeranno fondamentali per il supporto ai team ufficiali che, investendo moltissimo, vedevano la vittoria come unico obbiettivo possibile.

Filmati dal 1976:1976/2007:

http://www.youtube.com/watch?v=6tYJicKkYJw (primo di 7 video)

1979/1997:

http://www.youtube.com/watch?v=gLUtyJ7Qo-8

1978:

1980:

http://www.youtube.com/watch?v=jG3tMAzEplU

Volskwagen Iltis

Yamaha xt500 primo di 3 video 1981:

Il crescente successo della Dakar iniziava ad attirare sempre di più personaggi famosi come Carolina di Monaco e Mark Thatcher – figlio dell’allora Primo Ministro Inglese Margaret Thatcher – partecipò all’edizione 1982 su Peugeot in coppia la francese Anne-Charlotte Verney perdendosi  nel deserto del Sahara il 9 gennaio; il successivo 12 l’equipaggio venne dichiarato scomparso per essere poi ritrovato da un’ aereo dell’aviazione militare algerina il 14; seguirono fortissime polemiche, innescate proprio dal pilota che accusò senza mezzi termini gli organizzatori di aver indirizzato le ricerche in direzione diametralmente opposta a quella indicata dallo stesso M.T. ad altri concorrenti. Grande fu poi l’imbarazzo di Downing Street per il costo dell’imponente operazione di ricerca e per le comprensibili lacrime pubbliche di un Primo Ministro che – per una volta – non riuscì a confermare la sua fama di Lady di Ferro… La categoria più ammirata per coraggio e abnegazione è – da sempre – quella dei motociclisti tra i quali spiccano i piloti privati che, sostenendo grandi sacrifici economici e personali, corrono senza meccanici al seguito arrangiandosi come possono ed aiutandosi a vicenda: sono l’essenza del vero e solidale spirito di avventura che caratterizzò anche l’edizione del 1983, alla quale prese parte il campione di motocross Gaston Rahier; quell’anno il percorso comprendeva  per la prima volta l’attraversamento del deserto del Tenerè, che si rivelò un vero incubo per i piloti: una furiosa tempesta di sabbia rese le condizioni di gara praticamente impossibili ed in quaranta si persero per essere poi fortunosamente ritrovati dalle guide dell’esercito del Niger che ben conoscevano la zona.

http://www.dailymail.co.uk/news/article-2253958/Margaret-Thatcher-insisted-footing-1-800-missing-son-Mark-got-lost-desert.html

Ma le lezioni del 1982 e ’83 evidentemente non servirono né agli organizzatori, che proseguirono nella costruzione di road-books sempre più impegnativi, né ai concorrenti che nel 1984 ed ’85 continuarono a presentarsi sempre più numerosi nonostante le piste sempre più dure, anche nei trasferimenti, e qualche sfiancante tappa di oltre 2000 km. L’edizione del 1986 registrò tuttavia un netto calo dei concorrenti (da 552 a 486) al quale si aggiunsero diverse perdite tra i partecipanti complice anche la difficoltà del percorso che si snodava tra Algeria, Niger, il deserto del Tenerè e la Mauritania, con una nuova tappa fino all’oasi di Chinguetti. A fare notizia fu comunque la scomparsa di chi la Dakar l’aveva inventata, Thierry Sabine, che nel tentativo di prestare soccorso ad alcuni  concorrenti in difficoltà ebbe un incidente mortale in elicottero a Gourma Rharous, in Mali,  causato forse da una tempesta di sabbia. Due anni più tardi la corsa celebrava  i suoi primi dieci anni di vita con la presenza di ben 600 concorrenti. Il tre volte vincitore Renè Metge diveniva il nuovo organizzatore della Dakar e prometteva un’edizione dura e impegnativa. I motociclisti italiani erano sempre di più e più agguerriti: Franco Picco, Edi Orioli, Claudio Terruzzi e Ciro de Petri, grandi protagonisti, infiammarono la competizione. Orioli si dimostrò un mago della navigazione e il suo duello con Franco Picco entusiasmò l’Italia fino all’ultimo. Tra le auto Ari Vatanen dominava fino a Bamakò ma proprio in vista del traguardo la sua vettura veniva misteriosamente rubata aggiungendo il giallo ad un’edizione già marcata da troppi lutti. La vittoria andava quindi ad un altro grande dei rally, Yua Kankkunen con la Peugeot 205, mentre tra le moto il trionfo fu tutto italiano con Orioli su Honda NXR e Picco, secondo, con la Yamaha XT.

Filmati  dal 1982: 1982: http://www.youtube.com/watch?v=eHvWYopSS58 +http://www.youtube.com/watch?v=oIkqDhAGkEc = quando si vinceva con una Renault R20 (Spettacolare duello:  non fosse documentaristico si penserebbe ad un film con tanto di stuntmen..)

1984

http://www.youtube.com/watch?v=k2thf2NwMYE (mettersi comodi: 86 minuti di lungometraggio sulla gara che ha visto l’esordio vittorioso della Porsche nel 4×4 con quella che poi sarebbe divenuta la 959.. 1986)

Renault R4 alla Dakar

Nel 1990 si presentava di nuovo uno scenario fantastico per la Dakar con diverse tappe all’interno della Libia, mai prima d’ora attraversato, e la sabbia soffice della Mauritania provocava non poche difficoltà ai piloti, perfino ai team ufficiali che stentavano a trovare la rotta giusta. Tra le auto le Peugeot erano sempre quelle da battere, con la Mitsubishi che inseguiva da vicino, mentre tra le due ruote il duello era, dopo l’abbandono della Honda, tra Yamaha e Cagiva che aveva  migliorato molto la sua moto grazie alle eccezionali doti di collaudatore e pilota di Edi Orioli. La tradizionale partenza di gruppo sulla spiaggia Rosa di Dakar vedeva il primo successo di Edi Orioli e della Cagiva mentre tra le auto, il trionfo era tutto Peugeot con Ari Vatanen in testa. La tredicesima edizione (1991) viene ricordata come una delle più dure, con gli usuali ingredienti di dramma, pericolo e fatica. Tra le moto, Yamaha contro Cagiva mentre le auto di testa cambiano nome ma non sostanza, con le Peugeot che per esigenze di marketing si chiamano Citroën (in casa francese sono cambiate solo le carrozzerie) contrastate da Mitsubishi che ha creato appositamente il prototipo del Pajero Evolution. Sarà infatti un duello di alta tecnologia tra la casa francese e quella nipponica, entrambe impegnate ad attraversare il deserto alla massima velocità possibile. Erano  cambiate molte cose da quel lontano 1978, ora solo le squadre che investivano patrimoni enormi si potevano permettere di competere per vincere. Nel 1992 Gilbert Sabine, padre di Thierry, era diventato l’organizzatore della corsa e per dare nuova linfa alla gara aveva deciso di cambiare il percorso con arrivo a Città del Capo: la maratona attraverso tutta l’Africa non si rivelò una scelta felice a causa della variegata situazione politica di alcune delle nazioni attraversate: in Ciad il passaggio dei  concorrenti venne spesso accompagnato dalle proteste della popolazione, mentre nell’Africa Nera la gara venne festosamente accolta. Dopo l’attraversamento del Sahara, Hubert Auriol e Stephane Petheransel con la Mitsubishi erano saldamente in testa e la gara a quel punto seriamente ipotecata in quanto nelle foreste era impossibile sorpassare e dal road-book venivano spesso cancellate alcune prove speciali in funzioni delle condizioni del momento. Per la Mitsubishi la corsa divenne una parata trionfale attraverso mezzo continente, con le posizioni di classifica ormai cristallizzate. Un po’ più movimentata la gara delle moto, turbata però dall’incidente mortale sùbito dal grande campione francese Gilles Lalay scontratosi con un’auto dello staff medico dell’organizzazione. Auriol dopo aver vinto con le moto fu il primo a riuscirci anche con le auto, per la gioia della Mitsubishi che con il secondo posto di Weber e il terzo di Shinozuka guadagnava l’intero il podio, dopo tanti anni passati ad inseguire Peugeot e Citroën.

Filmati dal 1990:

Peugeot 405 T161991:

Citroën ZX

http://www.youtube.com/watch?v=ATvftI4Fuf8

Nel 1994 Gilbert Sabine passò la mano a Jean-Claude Morellet detto Fenouil, il quale ideò un percorso originale da Parigi a Dakar e successivo ritorno nella capitale francese. Ma purtroppo questa nuova idea non interruppe la serie negativa che stava portando la corsa al declino: i grandi team e relativi sponsors se ne erano ormai andati e la gara, con i 154 iscritti al minimo storico, si presentava in tono decisamente minore;  in più l’organizzazione proseguiva nei suoi errori inserendo una tappa impossibile attraverso il cosiddetto “triangolo delle dune”, un luogo mai attraversato da nessun mezzo meccanico, che costrinse la maggior parte degli equipaggi, compreso il team ufficiale Mitsubishi, il favorito della corsa, a ritirarsi. Per la diciassettesima edizione (siamo nel 1995) l’ organizzazione della corsa viene affidata all’ex pilota Hubert Auriol, che decide di tornare ad un percorso più tradizionale evitando Algeria, Niger e Mali afflitte da problemi politici. Le auto da battere erano sempre le Citroen di Pierre Lartigue (primo di categoria) e Ari Vatanen sin dall’inizio ai vertici. Rivali ormai consueti Bruno Saby del team Mitsubishi e Schlesser con il suo dune buggy. Degna di nota anche l’edizione del 1996 che vedeva per la quarta volta il nostro Edi Orioli trionfatore nella categoria moto con la Yamaha (la terza marca diversa).  Tutto cambiato nel 1997: sia il percorso (partenza da ed arrivo a Dakar),  e sia i regolamenti che, con l’obbiettivo di limitare i costi ed attrarre le altre case costruttrici di auto fuoristrada, avevano escluso la partecipazione dei prototipi eliminando di fatto la Citroën.

Filmati 1994:

http://www.youtube.com/watch?v=io-EXJ2xUDM

La Mitsubishi, con un’auto che per quanto sofisticata, era comunque maggiormente allineata allo spirito originario della corsa,  avrebbe a quel punto potuto solamente perdere e difatti trionferà con Shinozuka. L’unico ad opporsi allo squadrone nipponico rimaneva Schlesser con il suo dune buggy a due ruote motrici che si dimostrerà competitivo anche in futuro. Tra le moto si registrò il dominio, un vera e propria impresa trionfale, di Stephane Peterhansel, che con la sua Yamaha bicilindrica tenne testa all’intero squadrone di KTM monocilindriche pareggiando con questa sua quinta vittoria,  l’analogo record di Cyril Neveu, primo vincitore alla Dakar). 1998: la competizione del ventennale, vinta da Jean Pierre Fontenay su Mitsubishi Pajero Evolution nelle auto, da Stephane Peterhansel su Yamaha nelle moto e da Karel Loprais su Tatra nei camion, si presentava con un tragitto inedito comprendente anche la Spagna. Nel 1999 si parte da Grenada e ancora una volta viene privilegiato un percorso che seguendo  l’andamento della costa, era meno tecnico in chiave fuoristradistica,  ma più al sicuro da possibili disordini. Torna ad essere tutta africana invece l’edizione 2000: da Dakar al Cairo per una corsa che, splendida sulla carta, venne in realtà  complicata  da inattesi disordini politici in Niger che costrinsero gli organizzatori a cancellare ben quattro tappe. Staphane Peterhansel, lasciate questa volta le due ruote per una veloce Megane preparata per il deserto, confermava tutto il suo talento e la sua poliedricità. Gli avversari erano quelli delle passate edizioni: la Mitsubishi (con il veloce e affidabile Pajero) ed il vincitore Jean Louis Schlesser sempre al volante del suo specialissimo buggy. La Dakar del 2001 sarà ricordata per la prima vittoria di una rappresentante del gentil sesso, Jutta Kleinschmidt, su Pajero ufficiale e del nostro Fabrizio Meoni su KTM (che farà il bis l’anno successivo), il quinto pilota italiano a vincere dopo Edi Orioli, Francesco Perlini, Giacomo Vismara e Giorgio Villa. Purtroppo nel 2005, in quella che sarebbe dovuta essere la sua ultima partecipazione alla Dakar , Meoni incontrò a soli 47 anni il suo destino: l’11 gennaio, mentre affrontava l’undicesima tappa, cadde rovinosamente percorrendo uno sterrato ad andatura molto sostenuta. Ancora oggi, a distanza di anni, fanno emozionare le immagini del suo compagno di squadra, Cyril Despres, accovacciato in lacrime vicino alla sua moto  dopo aver appreso la notizia. La Dakar è sempre stato uno dei rally – raid più difficili e pericolosi sia per i piloti che per gli spettatori e gli organizzatori. Il tributo di vite umane dal 1979 ad oggi, è di 67 vittime. Le edizioni dal 2001 al 2007 sono state caratterizzate dalla costante o frequente occupazione del gradino più alto del podio dalle medesime Case nelle diverse categorie d’appartenenza: la Mitsubishi con 7 vittorie grazie a Jutta Kleinschmidt, Hiroshi Masuoka, Stéphane Peterhansel e Luc Alphand; analoga impresa  della KTM, che vinse fra le due ruote con Fabrizio Meoni, Richard Sainct, Nani Roma, Cyril Despres e Marc Coma. Nella categoria camion il gradino più alto del podio andò, ma “solamente” per cinque anni consecutivi (2002-2006) alla russa Kamaz per cinque anni di fila, dal 2002 al 2006 ed ai suoi piloti Vladimir Chagin e Firdaus Kabirov.

Filmati 2001/2007:2001:

Nel corso della travagliata storia della Parigi – Dakar il percorso partiva la maggior parte delle volte dall’Europa per poi concludersi in Africa, ma nel 2008, ossia nell’edizione del trentennale, il governo francese decise per la prima volta di annullare la corsa per il rischio di attentati terroristici di matrice ritenuta islamica dalle stesse Autorità francesi (quattro turisti francesi vennero uccisi poco prima al confine fra Senegal e Mauritania). A partire da allora il giustificato timore per questa questa tipologia di attentati crebbe a buona ragione e determinò il trasferimento di questo storico raid in Sudamerica e la denominazione – semplicemente “Rally Dakar” – si trasformò in un marchio con pari voglia di avventura e paesaggi incontaminati e selvaggi. L’immenso deserto africano con le sue dune, i suoi tramonti infuocati e le sue notti gelide, è stato sostituito da lande altrettanto estreme nelle quali pericoli ed insidie costituiscono il piatto forte che Case ed equipaggi continuano ad affrontare ed i media a seguire con immutata attenzione. Il 2009 fu quindi il primo anno lontano dall’Africa e lontano da possibili minacce terroristiche. Etienne Lavigne, direttore del rally, organizzò un innovativo percorso ad anello di 10.000 km che i 531 mezzi partecipanti hanno affrontato in 14 durissime tappe tra Patagonia, Ande e il deserto cileno di Acatama.  È stata questa un’edizione importante per la prima vittoria assoluta di un veicolo diesel nella storia della competizione: la Volkswagen Race Touareg 2 equipaggiata con un cinque cilindri biturbo da 280 cavalli e 600 Nm si aggiudicò infatti ben 10 delle 14 tappe: 6 con Carlos Sainz e 4 con Giniel De Villiers, il primo pilota di nazionalità africana a trionfare alla Dakar. Un’auto talmente affidabile e competitiva da aggiudicarsi anche le edizioni 2010  e 2011 con Carlos Sainz e Nasser Al-Atiyah.

Filmati ed. 2010:

http://www.fz6-forum.com/forum/essential-reading-viewing/27892-dakar-rally-2010-lots-pics.html

http://www.youtube.com/watch?v=AAvQlvfLCGs

Filmati su moto ed. 2011:

http://www.youtube.com/watch?v=-42BdWWa_ac

 

L’edizione del 2012 (8.373 km  sempre in Sudamerica) ha visto la partecipazione di 367 equipaggi: 188 moto, 30 quad, 73 auto e 76 camion. Per la prima volta il successo è andato alla Mini Countryman All4 dell’espertissimo Stéphane Peterhansel, oramai alla sua decima vittoria, anch’essa mossa da un propulsore diesel da 315 CV, dotata di un cambio sequenziale a sei rapporti e un maxi serbatoio da 420 litri. Ma nella classifica troviamo anche un pizzico di Italia: i fratelli aquilani Silvio e Tito Totani a bordo del loro Pajero sono stati gli unici italiani ad arrivare al traguardo pur avendo collezionato inconvenienti quali la rottura di un semiasse, il malfunzionamento dei fari e…. la frattura del naso di Silvio, l’equipaggio è riuscito ad arrivare al traguardo concludendo in 66esima posizione generale e 6° di classifica T2. Considerati i guai, un buon risultato!

Filmati ed. 2012:

http://www.dakaradventure.com

In oltre trent’anni di storia, la Parigi-Dakar, gara inventata da Thierry Sabine, è cambiata drasticamente: da sfida per un gruppetto di avventurosi, si è evoluta fino a diventare una competizione altamente professionale e soprattutto un evento che suscita sempre grandi attese. In un quarto di secolo è cambiato tutto e la gara ha dovuto obbligatoriamente adeguarsi di volta in volta, anche attraverso decisioni sbagliate, ma sempre alla ricerca di di un costante miglioramento che, in questi tempi di crisi nera, significa anche semplicemente riuscire a sopravvivere.Se è innegabile che lo spirito avventuroso e un po’ naif delle prime edizioni è ormai un ricordo è comunque certo che la Dakar ha avuto il merito di riproporre il mito del deserto portando migliaia di persone ad un contatto, sia pur virtuale, con il suo fascino totale ed infinito.  Tutto questo è stato creato da Thierry Sabine seguendo un’idea nata mentre aspettava i soccorsi, solitario, nel bel mezzo del deserto del Tenerè.

Lorenzo Gentile

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