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La famiglia dei «Bisiluro»

Dal Tarf, auto da record nata dal genio dell’ingegnere-pilota Piero Taruffi al bisiluro spagnolo Pegaso: breve storia in due tappe delle auto da record con carrozzeria a doppio scafo 

Auto curiose e stimolanti le bisiluro! Hanno costituito un capitolo a sé stante nel mondo delle due e delle quattro ruote ed hanno probabilmente aperto un capitolo nuovo nella ricerca aerodinamica riferita appunto a questi due mondi così lontani ma contigui al tempo stesso. Vediamole più da vicino

I Bisiluro di Piero Taruffi
 

FOTO TARF 3

Il Tarf 1°

Nel mondo delle auto da record un posto di rilievo merita sicuramente il bisiluro «Tarf» del 1947 che, ideato e condotto dall’ingegnere-pilota romano Piero Taruffi, si aggiudicò tra il 1948 ed il ’57 la bellezza di 22 record di velocità.

La vettura era caratterizzata da una carrozzeria a doppio scafo i cui principi ispiratori erano stati studiati e brevettati, nel1941, dai tedeschi Ising e von Koenig-Fachsenfeld; questo però nulla toglie alla realizzazione dell’ing. Taruffi che ancora oggi colpisce per il suo grado di originalità e sofisticazione tecnica ed aerodinamica.

D’altra parte non bisogna neppure dimenticare che Taruffi contribuì in tempi antecedenti al Tarf 1°, alla realizzazione della moto da record Rondine CNA Gilera carenata dalle industrie aeronautiche Caproni e, al tempo stesso, depositò una serie di brevetti uno dei quali, un cambio per bicicletta, fu il primo al quale venne attribuito il nome «Tarf», seguito poi da una serie di altri brevetti riguardanti proprio l’auto da record che ci occupa.

Il Tarf si basava su due telai in tubi d’acciaio «vestiti» con due «gocce» di alluminio molto allungate che richiamavano la forma di due siluri fra loro uniti da tubi ricoperti da due sottili profili alari: di qui il nome con il quale l’auto è universalmente conosciuta.

I due tralicci erano rispettivamente destinati ad accogliere da una parte pilota, comandi strumenti e serbatoi e dall’altra il motore, un 4 cilindri Gilera da 350 cc in grado di erogare 40 cv a 11.500 giri al minuto e relativa trasmissione; il tutto per un peso a secco di soli 300 kg.

La sezione frontale dei due siluri risultò complessivamente ridotta rispetto a quella di una qualsiasi altra auto con il vantaggio quindi evidente di una maggiore penetrazione aerodinamica e della possibilità di raggiungere, a parità di potenza installata, una velocità di punta superiore a quella di un’auto con pari motorizzazione.

Sul sito del Museo dell’Associazione Piero Taruffi (http://www.museotaruffi.it/) si legge quanto al riguardo espresso dallo stesso progettista: “… La progettazione richiese circa tre mesi e vari furono i problemi da risolvere… per semplificare le esperienze montai sulla macchina il motore di una mia motocicletta di cui conoscevo perfettamente i massimi raggiungibili. Mai, fino ad allora, una automobile… aveva raggiunto, a parità di potenziale, la velocità delle motociclette… Fu perciò grande la mia soddisfazione quando provai la macchina: la velocità da essa raggiunta non solo eguagliò, ma superò notevolmente quella della motocicletta…”.

L’auto a fine novembre 1948, stabilì 6 nuovi record sulla distanza.

Nel 1951 venne realizzata la seconda versione del «Tarf» che dalla prima differiva per l’eliminazione della pinna del siluro contenente il motore, per la presenza del radiatore che interrompeva la linea frontale del siluro e per l’installazione di un propulsore, sempre Gilera, ma da 500 cc derivato dalla moto da record «Rondine» al cui sviluppo aveva attivamente collaborato lo stesso Taruffi.

L’auto, sempre condotta dall’ingegnere-pilota romano, nel 1952 batté – sul non ottimale tracciato della via Appia – il primato dell’ora nonché quelli sui 50 e 100 chilometri e sulle 50 e 100 miglia. Nel 1954 superò, a Monthlery, il muro dei 200 km/h e migliorò nel 1957 i records del 1952 utilizzando questa volta il circuito di Monza.

FOTO TARF 2

Come evidenziato nel sito di RM Auction, Taruffi realizzò un secondo esemplare di quest’auto sottoponendola a profonde modifiche che videro prima l’installazione di un motore Maserati da 1.720 cc sovralimentato con ben 290 cv, sostituito nel 1957 da un motore Ferrari da 4.500 cc ed infine da una unità Dino V6.

A testimonianza del record ottenuto sulla fettuccia di Terracina a 297 e passa di media (strada stretta e a gobba d’asino, canali e platani ai lati…) dell’esemplare motorizzato Maserati il bel filmato d’epoca

https://www.youtube.com/watch?v=ehetOyC2baM

Questo esemplare, giunto sino ai nostri giorni, è stato inserito fra le offerte dell’asta RM Auction di Monaco dell’11 e 12 maggio 2012 con un valore stimato fra i 160 ed i 200.000 euro per venire poi aggiudicato a 115.755 dollari USA (€ 89.600); ad esso si riferiscono i filmati:

Bisiluro DaMolNar

 

FOTO DOLM 1

Nel 1955, Enrico Nardi, già famoso produttore di accessori per auto – volanti in primis – e valido elaboratore in particolare di motori Lancia, realizzò assieme all’architetto Carlo Mollino, che si occupò degli studi di carrozzeria, ed al progettista e pilota Mario Damonte, un’auto di impostazione simile al Tarf con l’obiettivo però non di stabilire nuovi record ma, più «semplicemente», di partecipare alla 24 Ore di Le Mans. Tale partecipazione, tenuto conto delle straordinarie caratteristiche strutturali ed estetiche dell’auto, costituì – indipendentemente dal risultato ottenuto – un evento eccezionale. Visti gli opposti obiettivi dei due mezzi (massime prestazioni su brevi distanze per il Tarf e costanza di prestazioni e resistenza sulla lunga durata per il bisiluro DaMolNar) le scelte tecniche di base furono profondamente diverse.

La struttura: come il Tarf, anche il DalMolNar ospitava nell’elemento di sinistra motore e trasmissione mentre quello di destra dava spazio a pilota e comandi ma non all’interno di un telaio a traliccio come nel caso del Tarf, bensì all’interno di una struttura monoscocca che fungeva da serbatoio del carburante; una intuizione tecnica che anticipò di ben 7 anni la rivoluzionaria Lotus 25, prima F1 a monoscocca centrale con serbatoio incorporato. Altra intuizione, poi generalmente adottata sulle Formula Uno degli anni 2000, fu il volante con la parte inferiore della corona orizzontale in modo da permettere l’abbassamento del piantone senza interferire né con le gambe del pilota né, cosa ancora più importante, con l’efficienza aerodinamica. Il peso era contenuto in 450 kg.

FOTO DOLM 2

La meccanica: il motore, sempre di estrazione motociclistica, era il Guzzi 4 cilindri bialbero G2 da 734 cc derivato dall’unità da Gran Premio firmata dall’ing. Carlo Gianini e utilizzata dalla Casa nelle stagioni 1953-54; trasmissione e differenziale si avvalgono di alcuni elementi derivati dalla Fiat 1.100, mentre l’impianto di raffreddamento venne ridimensionato e posizionato fra i due siluri a causa del maggiore ingombro.

L’aerodinamica: le maggiori dimensioni del radiatore ed il suo posizionamento fra i due «siluri» imposero la revisione dell’aerodinamica, conseguita modellando il radiatore esattamente sul profilo alare, ovviamente inspessito, che l’ospitava. L’auto veniva così a perdere quella caratteristica separazione dei due siluri, uniti da due sottilissimi profili alari, che caratterizzava viceversa il Tarf. Sempre ai fini dell’ottenimento della migliore penetrazione, si pensò di carenare completamente le ruote, il che obbligò a bombare ed allargare sensibilmente la carrozzeria che per poter curvare, doveva comunque permettere una corretta rotazione delle ruote anteriori sul proprio asse verticale senza alcuna interferenza con la carrozzeria stessa; altre peculiarità erano rispettivamente un freno aerodinamico, costituito da due flap azionati a pedale che, una volta estratti, contribuivano sensibilmente alla decelerazione della vettura ed un retrovisore retrattile che, in posizione di riposo aumentava il Cx dell’auto che era così in grado di raggiungere i 215 km/h.

FOTO DOLM 3

L’avventura di Le Mans: durerà solamente due ore, non prima però di aver impressionato per la media conseguita sino al momento del ritiro (148 km/h) grazie alle doti aerodinamiche e di leggerezza che la la caratterizzavano; ma proprio queste doti furono alla base dell’incidente causato semplicemente da un sorpasso radente subito da parte di una Jaguar: il DaMolNar che viaggiava sul filo di un equilibrio senza alcun margine per l’esiguità della massa, volò letteralmente fuori strada, fortunatamente senza conseguenze per il pilota, a causa della pressione dell’aria creatasi nel piccolo spazio che divise le due auto al momento del sorpasso.

Il bel filmato https://www.youtube.com/watch?v=i6JQkTZ36cM mostra e commenta questo bisiluro in occasione della sua brevissima esposizione al Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano nel corso del 2012.

Nella seconda tappa di questo viaggio nel mondo dei bisiluri, vedremo cosa hanno saputo fare al riguardo la spagnola Pegaso e l’italiana O.S.I.

Giovanni Notaro