In occasione del meeting ufficiale del Marchio, Il patron Adriano Gatto ha presentato in anteprima una city-car che verrà commercializzata nel 2015, anche a propulsione elettrica
Probabilmente solo chi aveva vent’anni, negli anni a cavallo tra i ’60 e i ’70, sa chi è Adriano Gatto. È un appassionato di auto che in quegli anni fondò la Puma, una tra le poche realtà artigianali per la produzione e vendita di vetture in scatola di montaggio e senz’altro la più longeva, visto che ha prodotto vetture per 25 anni… La ragione della chiusura non va ricercata in difficoltà economiche a causa della mancanza di ordinativi, ma esclusivamente alle norme legislative che sempre più restrittive, impedivano la circolazione di veicoli «fatti in casa», in quanto nessuna Motorizzazione Civile ne dava la necessaria omologazione. Leggi esclusivamente italiane che non trovano uguali in nessun altro Paese europeo.
Attualmente, oltre che in Gran Bretagna, patria europea delle Kit Car, anche in Germania è possibile costruirsi un veicolo in casa e circolare dopo aver ottenuto una semplice omologazione da parte del TUV, un esempio su tutti i «trikes».
Comunque stiano le cose, Adriano Gatto non ha smesso di sognare e far sognare, ci vuole riprovare! In occasione del 2° Meeting Puma organizzato da Domingo Federico, Presidente del Puma Club Italia, che si è tenuto a Monterotondo (RM), ha presentato in anteprima la TIGER, piccola city-car che sarà proposta anche in versione elettrica al momento della presentazione ufficiale prevista nel 2015. Naturalmente la carrozzeria è in vetroresina con alcuni particolari nella più attuale fibra di carbonio. Come tradizione del Marchio l’aspetto è reso più aggressivo dalle generose misure degli pneumatici, montati su cerchi da 8” davanti e 10” posteriormente.
Purtroppo questa nuova vettura non potrà fregiarsi del marchio Puma in quanto questo nome è stato ceduto da Adriano Gatto alla Ford dopo la chiusura della sua azienda nei primi anni ’90. Nome già usato dalla Casa dell’ovale blu tra il 1997 e il 2002 per la piccola coupé prodotta in Germania solo per il mercato europeo.
25 anni di produzione
Se questo è il futuro, è doveroso ricordare i 7 modelli di vetture che hanno fatto la storia di Puma, primo fra tutti il Puma GS (Gatto Spiaggia) del 1968, veicolo che esprimeva in pieno la voglia di vivere e di divertirsi del periodo a cavallo tra gli anni ’60 e ’70: il Dune Buggy. Oltre all’estetica particolarmente accattivante, il suo punto forte era il prezzo inferiore alle 500.000 lire in quanto era possibile acquistarlo anche in scatola di montaggio. Il sistema per poter liberamente scorrazzare con il Buggy era semplice, bastava recuperare un vecchio Maggiolino, buttare la carrozzeria e ordinare alla Puma una carrozzeria in vetroresina.
Il modo per fissarla al pianale VW era chiaramente scritto sulle istruzioni di montaggio allegate alle componenti che arrivavano al cliente con il treno. Se poi si voleva personalizzarla, bastava acquistare un paio di sedili anatomici e recuperare 4 pneumatici di grosse dimensioni, magari quelli dismessi da qualche vettura da pista e via ….
Visto il successo del Puma GS, grazie anche al suo utilizzo per le riprese del film «Altrimenti ci arrabbiamo» con Bud Spencer e Terence Hill, Adriano Gatto decide di realizzare una versione ancora più ammiccante, la Puma GT.
È una evoluzione della precedente, con il passo più corto ottenuto accorciando il pianale del Maggiolino e una carrozzeria più filante, in particolare nel frontale, con i fari parzialmente carenati. Anche questo modello ha ovviamente il motore del Maggiolino, il 1.200 o il 1.300 cc, più che sufficiente per divertirsi con un veicolo che pesa meno di 600 kg. Sempre generosi gli pneumatici, 195/14 avanti e 225/14 dietro. Anche questa versione si poteva apprezzare sul grande schermo nei film «La ragazza fuoristrada» del 1973 con Zeudi Araya e «I padroni della città» del 1976 con Jack Palance.
Esaurito il periodo Dune Buggy, il vulcanico Adriano Gatto inizia la produzione di vetture dalla linea molto sportiva e per l’epoca con soluzioni avveniristiche. Capostipite di questa serie è la Puma GTV del 1978, coupé molto filante alta 1.100 mm e larga 1.800 mm, replica su licenza della Kit Car Nova della inglese Sterling, disegnata da Richard Oakes.
Viene prodotta in circa 100 esemplari e tra le sue particolarità estetiche va segnalato il padiglione incernierato alla base del parabrezza che si apre per accedere nell’abitacolo. Soluzione forse non troppo pratica, ma di grande effetto. Il motore, come il pianale è ancora del Maggiolino 1200, con la cilindrata portata a 1.385 cc da Domenico Lombardi.
Anche questa vettura appare in diverse pellicole, tra queste, «Mani di velluto» del 1979 con Adriano Celentano, «L’insegnante al mare con tutta la classe» del 1980 con Lino Banfi e «Questo e quello» del 1983 con Renato Pozzetto.
Nel 1984 Adriano Gatto vuole abbandonare la replica della Nova e con l’aiuto di Domenico Lombardi realizza la GTV-033.
A parte la linea meno esasperata, con tetto tipo targa e parafanghi bombati, la novità maggiore riguarda il motore e cambio, non più del Maggiolino, ma il boxer a 4 cilindri dell’Alfa Sud da 1.186 cc.
L’anno seguente viene introdotta la versione «S» con linee che si rifanno alla GTV prima serie, così come l’accesso all’abitacolo con ribaltamento in avanti dell’intero padiglione. Questo modello non viene però molto apprezzato dai suoi clienti e nel 1991 presenta la Boxer 90.
La linea è sempre aggressiva, ma il poco agevole accesso nell’abitacolo viene sostituito con delle porte ad ala di gabbiano e anche gli interni risultano più rifiniti, con la possibilità di averli in pelle e radica. Nuovo anche il motore, ora della Alfa Romeo 33 da 1.490 cc e 105 cv. Niente male per una vettura che pesa solo 700 kg.
Di questo modello vengono prodotti circa 40 esemplari anche se attualmente ne sono stati censiti solo 18.
Nel 1993 Adriano Gatto presenta l’erede della Boxer 90, la Puma 248. Nuovo telaio e nuovo motore, un’Alfa Romeo a 16 valvole da 1.700 cc. Purtroppo questo unico esemplare andò distrutto qualche mese dopo nell’incendio della sua azienda e con esso anche la voglia di combattere contro la legislazione italiana che non ammetteva le Kit Car.
Ora dopo vent’anni ci vuole riprovare con la Tiger, auguri Adriano.
Paolo Pauletta