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Dalla Monte Carlo Automobile alla figura di Carlo Chiti

La presentazione della «Carlo Chiti Stradale 90» ci porta a rievocare la figura di questo straordinario progettista

90 sono gli anni che l’ing. Chiti avrebbe compiuto quest’anno, nacque infatti a Pistoia il 19 dicembre 1924 e lasciò la compagnia a Milano, il 7 luglio 1994.

Laureato in ingegneria aeronautica all’Università di Pisa entrò in Alfa dove, nel 1952, fu assegnato al reparto corse. Dopo circa 5 anni passò nel 1957 alla Ferrari in sostituzione dell’ing. Andrea Fraschetti perito durante il collaudo di una vettura al circuito di Modena. Fraschetti – come Ulenhaut alla Mercedes – alle doti di progettista sommava quelle di buon pilota in grado di collaudare sul campo le soluzioni da lui stesso ideate; al momento dell’incidente, stava lavorando al progetto dei motori V12 48 valvole per le vetture sport e Formula 1 ed al propulsore F2 V6 sempre a 4 valvole per cilindro.

Chiti subentrò con successo al lavoro di Fraschetti e durante la sua permanenza in Ferrari questa vinse due mondiali di formula 1, nel 1958 con Mike Hawthorn e nel 1961 con Phil Hill al volante della rivoluzionaria – per i canoni del Cavallino – 156 F1, la prima auto Ferrari nella quale “i buoi spingevano il carro” invece di tirarlo come aveva sempre sostenuto Enzo Ferrari; legò inoltre il suo nome alla conquista di tre campionati del mondo per vetture Sport (1958, ’60 e ’61).

Non va poi dimenticato che all’accoppiata Chiti/Bizzarrini (con prevalente ruolo del secondo), si deve la Ferrari 250 GTO, da molti ritenuta, crediamo con buona ragione, la più bella Ferrari mai prodotta ed una delle più belle auto al mondo; d’altra parte gli attuali valori di scambio, che hanno superato ampiamente i 40 milioni di dollari, confermano l’ammirazione da sempre riscossa da questa vettura che, nel mondo del collezionismo e nel cuore di ogni appassionato, occupa un posto a se stante.

Chiti, assieme ad altri sette progettisti e dirigenti, tra i quali Romolo Tavoni e Giotto Bizzarrini, lascerà la Ferrari nel 1961 per un disaccordo con la moglie di Enzo Ferrari che in quel periodo lavorava in azienda. Assieme a Bizarrini fondò l’ATS, progetto valido tecnicamente ma con poche risorse finanziarie a disposizione, tanto che dopo la chiusura di questa factory, rientrò nel 1966 all’Alfa Romeo che gli affidò la costituzione e gestione del proprio reparto corse. Nacque così, con Chiti Direttore generale, l’Autodelta, la scuderia da competizione della Casa milanese dalla quale escono, ovunque vincenti, le GTA (1300 GTAJ, la classica 1600 e le GTAM 1750 e 2000), le TZ 1 e 2;

nonché le diverse versioni della «33» che, ideata nella versione 8V da Giuseppe Busso, venne sviluppata e alla fine interamente riprogettata da Chiti che con l’evoluta 33TT12, vince il Mondiale Marche nel 1975 e nel 1977.


Passare dalle Sport alla Formula 1 fu conseguente ma dopo la vittoria di Niki Lauda al GP di Svezia (Anderstorp) del 1978, la famosa e contestata Brabham-Alfa Romeo BT46/B «ventilatore» non venne ritenuta aderente allo spirito del regolamento e non poté più gareggiare in tale configurazione. Per la cronaca il famoso «ventilatore» era montato verticalmente sul retro della vettura, dal quale sparava l’aria ed i detriti… aspirati sotto il fondo della vettura esasperandone l’effetto suolo; dal punto di vista estetico, l’auto vista da dietro ricordava la sezione poppiera di un Hovercraft.

Non si può infine non ricordare la «toscanità» di Chiti che si estrinsecava in frasi ad effetto o battute salaci quale, ad esempio, quella preparata per la stampa in merito ad uno spoiler posticcio montato in prova su una Ferrari 246 SP (e poi definitivamente adottato una volta provata l’efficacia effettiva); i meccanici avevano infatti l’ordine di rispondere ad eventuali domande, spiegando che serviva “per evitare che qualche spruzzo di carburante possa finire durante il rifornimento sui tubi di scarico della vettura, innescando un incendio”.

Oppure l’altra battuta, indirizzata al fantastico disegnatore tecnico, nonché giornalista e commentatore televisivo Giorgio Piola in occasione della presentazione di una vettura motorizzata Motori Moderni che proprio non ne voleva sapere di mettersi in moto, con grande imbarazzo di tecnici, meccanici e dello stesso Chiti. Quando questi diede ordine di sollevare il cofano, e Piola era sufficientemente vicino per vedere e capire, Chiti notò immediatamente che i meccanici avevano dimenticato di togliere dai cornetti di aspirazione i tappi di protezione; ovvia quindi l’opposizione del povero motore ad ogni tentativo di accensione. Ebbene Chiti, avendo in un istante realizzato che Piola aveva notato tutto, gli si rivolse con la sua inconfondibile parlata toscana dicendo “Ovvìa Piola, lei un’ha visto nulla, eh!” ed il giornalista «tenne botta» rivelando l’episodio molti anni dopo la scomparsa del vulcanico progettista toscano.

Venne naturale attribuire a Chiti, affettuosamente, il soprannome di «Chitone» in omaggio all’imponenza che lo accomunava ad Alfred Neubauer, altro grande Direttore sportivo (oggi diremmo team manager) che negli anni ’50 diresse la Mercedes del ritorno vincente alla Formula 1 (i cicli storici si ripetono…)

Giovanni Notaro

 

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