L’evoluzione delle figure commerciali nel settore automotive
La grande ondata di mutamenti che ha rivoluzionato il mondo della vendita in questi ultimi anni, ha profondamente toccato anche la figura del venditore front-line che, per poter essere al passo con i tempi, deve essere riveduta, corretta ed “energizzata”; anche il settore automobilistico, tra i più colpiti da questo processo, ha urgente bisogno di ripensare se stesso e le sue dinamiche commerciali.
La sempre più accentuata concorrenza in ogni settore commerciale, le continue e repentine innovazioni tecnologiche, le massicce campagne pubblicitarie, prodotti e prezzi sempre più livellati, l’offerta sempre più eccedente rispetto alla (stagnante) domanda, la globalizzazione, la grave e lunga crisi economica mondiale, la progressiva affermazione di internet a livello di comunicazione, marketing e vendite e le incerte prospettive sul futuro in generale hanno reso nell’arco di pochi anni del tutto obsoleti processi e strategie di vendita che venivano utilizzati, sostanzialmente immutati, da decenni.
Occorre trovare, subito, nuove strategie e nuovi canali di contatto col potenziale cliente ed è quindi urgente e non più dilazionabile revisionare ed innovare le tecniche di vendita sinora utilizzate nel mercato dell’auto.
I venditori che ci accolgono in concessionaria, quelli che un linguaggio tanto tecnico quanto impersonale definiscono il “fattore umano”, stanno diventando un aspetto sempre più cruciale del settore automobilistico, caratterizzato dalla presenza di prodotti ormai tecnicamente simili a prezzi quasi uguali tra loro; in tali circostanze, la differenza vincente su una decisione di acquisto la possono fare proprio i venditori, in particolare quelli capaci di far vivere al cliente, grazie alla loro cortesia e professionalità, un’esperienza di vendita del tutto particolare.
Quindi, nonostante la nostra sia una società sempre più portata ad utilizzare strumenti di comunicazione meramente virtuali, coloro che sono quotidianamente e direttamente a contatto col cliente restano figure di decisiva importanza per ogni realtà aziendale.
Dato per acquisito questo assunto, non si può tuttavia negare che un’evoluzione epocale sia in atto anche in questo ambito, e che già oggi non è più possibile parlare di “venditore”, figura ormai superata dagli eventi, bensì di “consulente”, termine il cui significato attualizza i vecchi e spesso passivi ruoli commerciali.
Cionondimeno, in molte realtà aziendali, comprese le reti di vendita automobilistiche, il “venditore” spesso rimane, anacronisticamente e poco efficacemente, un mero acquisitore di ordini invece che, più modernamente, un gestore di relazioni umane e di affari in grado di fidelizzare la propria clientela assicurando così a se stesso ed alla sua azienda un fatturato quanto meno costante se non in crescita e questo grazie al passaparola che, se positivo, si rivela uno straordinario strumento di marketing a costo zero.
Se facciamo alcuni esempi, ci accorgiamo in modo più tangibile di come la vecchia figura del venditore sia ormai obsoleta e poco produttiva. Infatti, se si prova a incontrare un promotore finanziario, un assicuratore, un venditore di autovetture o di spazi pubblicitari, il dialogo da loro proposto tenderà ad essere, nella maggioranza dei casi, ancora e sempre one way: nella stragrande maggioranza dei casi, il venditore inizierà immediatamente ad esaltare l’azienda che rappresenta, i prodotti e i servizi che offre e le loro prestazioni, senza sforzarsi di comprendere desideri e necessità del cliente che ha di fronte e, se presente, della sua compagna che – nel caso dell’auto – ha quasi sempre un peso importante sulle decisioni di acquisto.
In sostanza, i primi minuti di vera trattativa saranno spesso costituiti dal monologo del venditore e questa, come detto, è ormai una strategia del tutto inefficace di fronte ad un cliente che oggi varca la soglia dell’autosalone ben consapevole del proprio potere di acquisto in quanto già preventivamente informato grazie ad internet e perché, con ogni probabilità, si è già direttamente e compiutamente documentato presso altri saloni della concorrenza
Di conseguenza, i vecchi approcci e le vecchie strategie di vendita non servono più e per poter essere all’altezza del compito il lavoro del venditore diviene sempre più complesso, competitivo e logorante; bisogna studiare e riconvertirsi ad approcci nuovi ma, come sempre, il cambiamento spaventa e le innovazioni sono spesso in ritardo rispetto alla inusitata rapidità con la quale il mondo, la società, il mercato, stanno in questi anni cambiando.
Perché il vecchio approccio di vendita ancora resiste
Le ragioni di fondo – essenzialmente due – per le quali moltissimi venditori continuano ad implementare vecchie tecniche di vendita sono legate tanto a vecchie radici storico-culturali quanto alla conseguente formazione professionale ricevuta ed all’esperienza maturata.
Prima dell’inizio della crisi scoppiata nel 2006 negli USA (la cosiddetta “crisi dei subprime”) e globalizzatasi nel 2008, la domanda di quasi tutti i prodotti era sostanzialmente superiore all’offerta. Inoltre, in molti settori commerciali vigeva una situazione di mercato monopolistica o, al massimo, oligopolista: la merce veniva offerta da poche aziende dominanti senza eccessiva concorrenza.
Quindi, durante gli anni pre-crisi, che oggi sembrano così lontani, per ottenere buoni profitti era quasi sufficiente disporre di un buon prodotto e farlo sapere efficacemente ai potenziali clienti. Ecco spiegata la ragione per la quale i venditori erano in realtà quasi esclusivamente acquisitori di ordini ai quali era richiesta poca proattività e un limitato spirito di iniziativa commerciale.
In particolare nel settore automobilistico il venditore era abituato ad aspettare passivamente il cliente in salone, lamentandosi di tanto in tanto con l’azienda perché scarsamente presente con la propria pubblicità sui giornali, sulle radio, in televisione.
La crisi del 2008 segnò l’inizio di un cambiamento planetario a livello economico-finanziario: prima subentrò l’inflazione progressivamente seguita, e sono aspetti di questi stessi mesi, da un processo deflattivo, eventi che hanno portato, tra le altre conseguenze, a continue variazioni dei prezzi dei prodotti offerti.
Anche in queste circostanze, tuttavia, i venditori hanno per lo più continuato ad avere un ruolo piuttosto limitato: il loro compito spesso resta, infatti, essenzialmente quello di giustificare i costanti e rapidi ritocchi dei prezzi dei beni da loro proposti.
Inoltre, storicamente, quasi nessuna azienda in Italia si è mai preoccupata, fino a qualche anno fa, di curare in modo istituzionalizzato i rapporti con i suoi interlocutori esterni, tanto meno con i clienti. Si parla molto e da tempo di “servizio al cliente” e della sua importanza, e questo lo fanno praticamente tutti, ma da qui a mettere in pratica i dettami di un vero ed efficace customer service ce ne passa, anche perché fare davvero servizio al cliente implica investimenti di portata non indifferente e, in Italia, sono pochissime le aziende che dai solenni enunciati passano alla cura reale e quotidiana dei rapporti con i propri acquirenti.
I venditori, di conseguenza (e come è logico), hanno spesso seguito questo cattivo esempio: spesso per loro l’obbiettivo fondamentale era e resta “fare volumi di vendita” mentre rimangono secondari il livello della qualità del servizio e la soddisfazione del cliente. Eppure le aziende possono sopravvivere ed espandersi soltanto se soddisfano e fidelizzano la propria clientela, e questo è tanto più vero nelle attuali, critiche condizioni di mercato.
Venditore e consulente: un confronto
Le differenze fra i due ruoli (venditore tradizionale / consulente) sono sostanziali e concettuali. Etimologicamente il venditore è qualcuno che cede una merce in cambio di un prezzo. Il consulente è invece, per definizione, colui che fornisce pareri qualificati e cerca soluzioni o accordi su misura per il singolo cliente dai quali possano derivare una relazione d’affari fruttuosa e durevole.
In sostanza la differenza fra venditore e consulente è che il primo è mentalmente orientato al raggiungimento di meri obiettivi numerici (“pezzi” venduti e fatturato globale) mentre il secondo punta allo sviluppo quali-quantitativo del rapporto ed alla fidelizzazione del singolo cliente, in modo da conseguire una redditività specifica cumulabile nel tempo; un aspetto importante dell’attività di fidelizzazione è infatti il costante contatto con l’acquirente (che potrà per esempio, essere mantenuto nel post-vendita attraverso periodici e costanti follow-up telefonici, con l’invio di comunicazioni o offerte personalizzate tramite posta elettronica, biglietti di auguri in occasione delle festività, ecc.).
Altra differenza importante sta nell’approccio: i venditori di solito ritengono che per gestire efficacemente un rapporto sia sufficiente focalizzarsi sulle eventuali e ricorrenti obiezioni, lasciando il resto all’esperienza ed all’estro del momento; al contrario il consulente cerca sin dall’inizio di “mettersi nei panni del cliente”, di capire cioè quali siano le aspettative e le esigenze personali dei suoi interlocutori proponendo quindi le soluzioni più adatte e soddisfacenti per la concessionaria e per il cliente stesso (è la famosa ottica statunitense del “I win, you win”).
Ancora, il venditore tende a stabilire con il cliente un rapporto di credibilità quasi solo personale mettendo spesso in secondo piano la concessionaria. Il consulente, invece, pur agendo in modo da rendersi credibile agli occhi della controparte sulla base di un rapporto one to one, fonda espressamente questa relazione sul nome dell’azienda per cui lavora, essendone il biglietto da visita e il principale rappresentante delle relative politiche di marketing, comunicazione e immagine.
L’importanza della formazione
Va prima di tutto ricordato che il moderno processo di vendita inizia con il greeting dell’acquirente in salone, cioè con la sua accoglienza pronta e cordiale e, a seguire, si dipana attraverso la sua conoscenza, l’approfondimento delle personali motivazioni di acquisto, la ricerca della soluzione che meglio possa soddisfare le sue esigenze per proseguire, dopo l’acquisto, attivando – da parte del consulente stesso – regolari contatti che portino alla fidelizzazione del cliente.
Ciò necessariamente premesso, se si vuole trasformare un venditore in consulente occorrerà lavorare anche sulla sua formazione specifica che, per essere adeguata ai nuovi obiettivi, dovrà:
- essere mirata e continuamente aggiornata per tutta la durata della sua carriera professionale: un lifelong learning su prodotto, mercato e concorrenza;
- instillare nel soggetto il convincimento che gestire una relazione d’affari, a differenza del semplice “vendere”, significa prima di tutto capire che ogni relazione si traduce in un personalizzato processo di negoziazione basato sull’attenzione, l’onestà, la correttezza, e l’interesse dimostrato nei confronti del cliente, facendo leva sulla disponibilità, la cortesia e le classiche, intramontabili e sempre efficaci regole del bon ton;
- curare le sue basi culturali a livello di tecniche di comunicazione e di vendita, di economia e di marketing;
- implementare le sue capacità di utilizzo dei supporti informatici e della Rete (internet e social network), assicurando così la sua adeguata e curata presenza anche nei luoghi di incontro virtuali del web, sempre più spesso frequentati anche da potenziali clienti.
-
COME È CAMBIATA LA FIGURA DEL VENDITORE
IERI: VENDITORE TRADIZIONALE OGGI:CONSULENTE (GESTORE di RELAZIONI) Mero procacciatore di ordini Acquisitore di clienti Pur di vendere nell’immediato, tende a concedere sconti e\o a fare promesse che non è in grado di mantenere Nei clienti cerca, con onestà e trasparenza, la redditività nel tempo allacciando con loro relazioni professionali ed umane di lunga durata (fidelizzazione del cliente) I clienti sono per lui indifferenziati e singolarmente non importanti I clienti sono da lui gestiti uno per uno e considerati singolarmente importanti (personalizzazione della vendita) Si limita a vendere prodotti e\o servizi Propone soluzioni adatte al cliente e lo coinvolge (indagine psicologica del singolo cliente, studio dei suoi bisogni espressi, inespressi e latenti) Ha una formazione di medio/basso profilo Si aggiorna costantemente su prodotto e mercato Non segue procedure prefissate Lavora sulla base di standard elevati e condivide la mission e la filosofia aziendale Ha poche e scarne nozioni di marketing Conosce le basi del marketing e della comunicazione Pur di vendere, tende ad assecondare i bisogni dei clienti, compresi quelli che non è in grado di soddisfare Ascolta attentamente ogni cliente, pone domande per approfondirne le necessità e le aspettative. Offre soluzioni mirate, realiste ed oneste Cerca di vendere il più possibile a ciascun cliente senza tener conto delle sue reali esigenze Ricerca la soddisfazione dei clienti nel tempo, fidelizzandoli a lui e all’azienda Considera i clienti come patrimonio personale e non come valore aziendale I clienti sono per lui patrimonio aziendale Vende per ragioni proprie Vende per soddisfare le esigenze del cliente nel contesto delle politiche commerciali aziendali I clienti sono per lui occasione di guadagno personale I clienti vengono da lui considerati come partner dell’azienda Esercita eccessiva pressione sul cliente nel corso della trattativa Lascia libero il cliente di scegliere mostrandogli benefici e vantaggi del prodotto Dopo aver realizzato la vendita non contatta più il cliente Dopo la vendita, mantiene costanti contatti con il cliente Per i suoi contatti si limita all’uso del telefono e ad operazioni di mailing Oltre ai mezzi di comunicazione tradizionali, tende ad usare Internet, la posta elettronica e i social network Copyright: MOTORI360.it
E questo nuovo modo di interpretare e gestire le dinamiche di vendita, personalizzandone il più possibile il processo, dovrà essere adottato in modo tanto più urgente quanto più si diffonderanno e si evolveranno le strategie di azione del direct-marketing basate sull’e-business e, più in generale, su internet e sui “social network”.
La necessità di cambiare ed evolversi
Se concordiamo con quanto abbiamo sin qui detto, appare subito chiaro che modificare profondamente l’approccio della vendita da parte delle concessionarie nel settore automobilistico non è solo necessario ma addirittura vitale.
Gli scenari di mercato sono cambiati nell’arco di relativamente pochi anni e continueranno a farlo visto che un assestamento e una chiara via d’uscita dalla situazione di crisi non sembra essere ancora vicina.
Di sicuro c’è quindi la necessità di cambiare, di adeguarsi alle nuove tendenze e richieste del mercato al fine prima di tutto di sopravvivere, perché questa è l’immediata esigenza per numerose concessionarie italiane, che dovranno poi essere pronte e preparate a dispiegare immediatamente le vele al primo segno di reale ripresa; chi agirà oggi con lungimiranza acquisirà un rilevante vantaggio competitivo rispetto a chi, seppur scampato alla lunga tempesta, non si è impegnato a rinnovarsi.
Prendendo in prestito la celebre frase di Charles Darwin, il padre dell’evoluzionismo, si può metaforicamente dire che anche nel caso dell’automotive “non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere ma quella che si adatterà meglio al cambiamento”.
Costantino Rossi