Nel Decreto del “fare” presente la nautica, assente l’auto; ci sono speranze per il futuro?
Uno dei temi di “Missione Mobilità” manifestazione in programma presso la sede della Pontificia Università Lateranense promossa da AMOER (Associazione per una Mobilità Equa e Responsabile della quale abbiamo riferito il 13 scorso e che si terrà a Roma il prossimo 21 e 22 giugno) sarà “Il rilancio dell’intera filiera della mobilità come trampolino per una possibile ripresa economica e occupazionale”, “La riscoperta dei sentimenti di passione e libertà che da sempre i motori sanno evocare”.
Un esercizio di logica elementare che, di questi tempi, e con questi Governanti, sa di miracoloso tenendo presente che il Governo e le Camere che hanno approvato sono composte da molti, troppi, degli stessi presenti nelle precedenti “N” Legislazioni, e che la “nuova linfa” salita allo scranno per, crediamo, più per disperazione e protesta che per profonda convinzione dell’elettore, non pare determinata a dire la sua in modo costruttivo.
Questione di metri…
Ma torniamo alla nautica e vediamo la ragione di questa decisione epocale perché, ha dichiarato sempre il Ministro “il settore della nautica oggi è in ginocchio e rischia di scomparire. Queste due norme servono per rilanciarlo”. Secondo quanto previsto dal Decreto, per rilanciare la nautica da diporto, viene ridotta nettamente l’imposta sul lusso introdotta dal Governo Monti a carico tanto dei naviganti quanto degli automobilisti.
Le imbarcazioni fino a 14 metri non pagheranno più la tassa di stazionamento, mentre quelle da 14 a17 metri e quelle da 17 a20 metri pagheranno rispettivamente 870 euro (da 1.740) e 1.300 euro (da 2.600); una scelta che dovrebbe favorire una ripresa del mercato del diporto che aveva subito un colpo notevole dalla tassa sugli attracchi.
E le auto di lusso?
Ma a proposito di colpi al mercato, vediamo i risultati dell’analoga iniziativa del Governo Monti nei confronti delle auto di lusso (quelle aventi al momento del varo del provvedimento più di 240 kW poi abbassati, visto che non si cavava un ragno dal buco, agli attuali 185): nelle previsioni dell’autore (o degli autori) di questa non lungimirante levata d’ingegno, l’introito per le casse erariali avrebbe dovuto corrispondere a 170 milioni di euro, 110 dei quali si sono però persi per strada (60 l’incasso effettivo); ma a ciò si aggiunge che:
● Fisco e Province hanno incassato e continueranno ad incassare meno IVA e meno IPT (imposta di trascrizione);
● il mercato del nuovo delle auto di lusso (Ferrari, Maserati, Lamborghini, Porsche, per non parlare dei modelli alto di gamma di costruttori più generalisti come BMW, Audi, Mercedes e via dicendo) è letteralmente crollato, con i relativi mancati incassi in termini di IVA ed IPT;
● si è dato un bel colpo al settore dell’usato (molti si sono disfatti delle loro auto in quanto possesso vale automaticamente titolo… di evasore) ed a quello delle auto d’epoca, con il risultato che – più o meno discretamente – tante auto di prestigio hanno cambiato proprietario a prezzi di realizzo (il Decreto Monti è stato uno splendido regalo a commercianti, collezionisti e speculatori d’oltre confine);
● il giro d’affari costituito dall’indotto dei suddetti settori di mercato, in precedenza piuttosto ricco (Spese di officina, consumi di carburanti e lubrificanti) è stato seriamente danneggiato e con esso, una volta di più le entrate fiscali (IVA sulle prestazioni, IVA ed Accise sui carburanti);
● il fatto che non si possa pagare la sovrattassa in uno con la tassa di possesso ma occorra farlo utilizzando il modello F24 (il che significa autodenunciarsi alla GdF in tempi esasperati) induce quanti avessero intenzione di acquistare un’auto (nuova o usata che sia) a rifugiarsi nell’anonimato ed anche questo si traduce in minori IVA, IPT e accise.
Occorre intervenire anche sulle comparto automotive
Come mai il Governo Letta (per meglio dire i tecnici del Governo), visto che i cittadini dovrebbero essere tutti uguali di fronte alla Legge (anche i più abbienti o apparentemente tali), non ha pensato di applicare l’atto di clemenza mostrato nei confronti delle cosiddette barche di lusso anche nei confronti delle cosiddette auto di lusso?
Al solito qualcosa non torna e quegli automobilisti italiani rei di possedere un’auto di elevata potenza e, magari, consistente vetustà continueranno a pagare, per ogni kW oltre i 185:
● 3 euro se l’età dell’auto è compresa tra i 15 ed i 20 anni;
● 6 euro tra i 10 e i 15 anni;
● 12 euro tra i 5 e i 10 anni;
● 20 euro tra 0 e 5 anni.
Vediamo comunque, nella suddetta iniquità, l’introduzione di un principio di proporzionalità tra valore del bene posseduto e tassa che lo colpisce e quindi un implicito (Indiretto? Non voluto?) richiamo all’art. 53 della Costituzione (“quello” che sancisce che ogni cittadino deve contribuire secondo le proprie possibilità, sostenendo una diretta relazione tra valore del bene e tassa applicata); ma se questo principio – sacrosanto – è stato introdotto per la sovrattassa perché non applicarlo anche alla tassa di possesso: se il bene posseduto vale di anno in anno sempre meno, e l’automobilista titolare del bene paga una tassa sempre dello stesso importo (quando questo non aumenta…) l’applicazione della tassa avviene in senso “inversamente” proporzionale; una vera e propria gabella applicata con atto del principe.
E poi ci si chiede perché molti hanno seguito l’esempio di quell’automobilista che, varata la tassazione sulle auto di lusso, annunciò su un blog il 21 luglio 2011: “ieri ho venduto la mia corvette in Francia; lo Stato Italiano con me non ha guadagnato 720 euro ma ne ha persi 1.130”.
Giovanni Notaro