85 anni fa fu più veloce del Calais-Mediterranée Express, oggi fa il pieno di premi nei Concorsi d’eleganza
Nel 1930 non esistevano (grazie al cielo) indiscriminati limiti di velocità, l’auto conservava ancora aspetti romantici e pionieristici e – allora come oggi – esistevano uomini con il gusto della sfida.
Uno di questi era Woolf Barnato, che faceva parte della famosa combriccola dei «Bentley Boys» che vinse, per 4 anni consecutivi (dal 1927 al 1930), la 24 Ore di Le Mans e che, sempre nel 1930, battè, per una scommessa, il Calais-Mediterranée Express sul percorso Calais-Londra; glamour tanto le località di partenza ed arrivo (Londra era Londra e Calais era sulla Costa azzurra) quanto la stessa auto, al punto che quest’anno una Continental GT3-R, sotto l’egida della rivista Car Magazine, ripeté la sfida.
L’auto e l’incertezza
La Bentley sottolinea che per anni si credette che l’auto del record fosse una Speed Six Coupé carrozzata Gurney Notting (comunque citata dagli attuali designer Bentley come una delle fonti di ispirazione per la Continental GT) ma che recentemente l’attuale proprietario dell’auto, il collezionista di Seattle Bruce McCaw, in seguito ad approfondimenti effettuati in corso di restauro su telaio e motore della Mulliner Speed Six di Barnato, è riuscito ad abbinare la carrozzeria al corretto chassis esponendo nell’agosto del 2003 entrambe le Bentley di sua proprietà (la restaurata Mulliner Speed Six e la Gurney Nutting Speed Six) al Concours d’Elegance di Pebble Beach.
Sulla scorta di tali elementi McCaw ha quindi ritenuto che l’auto del record non fosse la Gurney Nutting Speed Six (telaio HM 2855) bensì la Mulliner Speed Six ma la prova definitiva, e questo fa parte del fascino di questo tipo di auto e delle leggende che le circondano, è ancora da trovare; nel frattempo – e nonostante il risultato delle ricerche – la Coupé Gurney Nutting continua ad essere conosciuta come la vera «Blue Train», ossia quella che Terence Cuneo ritrasse in un famoso quadro che nello stile potrebbe essere forse accostato alle famose copertine della «Domenica del Corriere» di Walter Molino.
Woolf Barnato – in quegli anni il principale azionista e Presidente della Bentley – fu proprietario della Coupé Gurney Nutting spinta da un propulsore 8 cilindri da 180 cv come quello della Speed Sixes vincitrice di Le Mans.
La scommessa ed i suoi protagonisti
Woolf Barnato, grazie alle sue doti di guida ed all’immenso patrimonio di famiglia, scaturente principalmente dalle miniere di diamanti di Kimberley in Sud Africa, fu un ottimo sportivo e pilota, un bon viveur ed un generoso anfitrione; se poi collochiamo il personaggio nei ruggenti anni ’30 del secolo scorso e in uno stile di vita, tanto per rendere l’idea, alla «Grande Gatsby» (i puristi inglesi ci perdoneranno lo statunitense escursus), ecco resa l’atmosfera che permeava un dinner party organizzato a Cannes il 12 marzo 1930 al quale erano presenti Woolf Barnato ed il golfista ed amico Dale Bourn.
Lì si parlò del fatto che tanto la Rover quanto la Alvis avevano battuto il «Blue Train» sul percorso Saint Raphael-Calais e poiché ventilare l’idea di una sfida ad un inglese è come agitare il classico drappo rosso davanti ad un toro, ecco prendere subito forma la scommessa dalla quale nacque la leggenda: Barnato con la sua Speed Six avrebbe battuto il «Blue Train» sul percorso non fino a Calais ma sino a Londra e questo ancor prima che il treno toccasse Calais.
Detto fatto, mentre Barnato e Bourn si intrattenevano al Carlton Bar, lo «sfidato» lasciava la stazione di Saint Raphael alle 5.45 p.m. alla volta di Calais e Londra, seguito subito dopo dalla Bentley; nel poco tempo intercorso tra idea e partenza, il duo inglese aveva pianificato i rifornimenti a Aix-En-Provence, Lione e Auxerre, per poi proseguire alla volta di Londra.
Non bastò neppure pioggia, nebbia ed una foratura per impedire alla Bentley di raggiungere Calais alle 10.30 a.m. del giorno dopo per poi raggiungere Londra e parcheggiare di fronte al Conservative Club in St. James’ Street (oggi incorporato nel Bath Club) alle 3.20 p.m., 4 minuti prima cioè, che il treno raggiungesse Calais.
Bilancio della scommessa: 570 miglia percorse su territorio francese alla media di 43,43 miglia orarie, vincita di 100 sterline e multa di 160 comminata agli inglesi dall’Automobile Club de France per corsa non autorizzata e divieto di partecipazione, per la Bentley, al Salone di Parigi nonostante Barnato avesse dichiarato, forse con una buona dose di faccia tosta, di aver effettuato la corsa come semplice privato e non come Presidente della Bentley, circostanza alla quale nessuno ovviamente credé.
Ecco quindi spiegata la ragione del soprannome «Blue Train» da allora attribuito, con una certa dose di incertezza, alla Bentley Speed Six Coupé; d’altra parte Barnato passò a miglior vita nel 1948, portando con sé questo mai del tutto chiarito mistero.
La curiosità
Durante il concorso di Amelia Island del marzo di quest’anno, è stata messa all’asta da RM Auctions e Sotheby’s, ad un prezzo base compreso fra i 550 ed i 650.000 dollari, una fedele riproduzione della Bentley «Blue Train», basata sullo chassis di una Bentley Mark VI del 1950 e minuziosamente ricostruita da un rinomato carrozziere inglese del quale non viene precisato il nome; l’offerta più alta, al di sotto del prezzo minimo, ammontava a 480.000 dollari e l’auto – invenduta in corso d’asta – è passata di mano post-auction ad un prezzo non precisato: anche la riproduzione ha voluto circondarsi di piccoli misteri….
E per chi infine volesse vedere l’auto muoversi nel traffico londinese dei giorni nostri:
[ Giovanni Notaro ]