Curve sexy, stile retrò e meccanica moderna: un cocktail vibrante offerto da un «barman»… che se ne intende
Molti appassionati dal palato raffinato ritengono le «barchette» italiane ed inglesi degli anni 50/60 del secolo scorso come le esponenti più pure della scuola tecnico-sportiva europea di quegli anni.
Le varie Osca, Ermini, Bandini e Giaur, tanto per citare le più note, si opponevano spesso con successo alle inglesi Lotus, Elva, Ginetta e via dicendo.
Queste sport biposto rasoterra erano caratterizzate da dimensioni e pesi ridotti, carrozzerie in sottile pelle d’alluminio battuta a mano e motori di cilindrata contenuta ma dalla potenza corposa. Molte di queste caratteristiche si ritrovano oggi nell’ATS Superleggera, ultima arrivata della famosa Casa bolognese nata nel 1962 a seguito di una diaspora che vide clamorosamente uscire dalla Ferrari, comunque al termine di un trionfale 1961, nomi del calibro di Chiti, Bizzarrini, Tavoni, Della Casa, Gardini, Galassi, Giberti, Selmi i quali, lasciarono Maranello a causa – sembrerebbe – di eccessive ingerenze della moglie di Ferrari nella conduzione aziendale.
Di questi «transfughi» furono Chiti, Tavoni e Bizzarrini a decidere di mettersi in proprio fondando nel 1962, grazie al sostegno finanziario del facoltoso imprenditore veneto Conte Giovanni Volpi di Misurata, la ATS (Automobili Turismo e Sport) che dopo soli 2 anni, chiuse sfortunatamente i battenti a causa degli insanabili attriti verificatisi tra finanziatori e tecnici. Due soli anni di vita nei quali la vulcanica e geniale dirigenza tecnica seppe realizzare capolavori quali la 2500 GT, una coupé stradale biposto a motore centrale realizzata in soli 15 esemplari ed una Formula Uno dalle grandi potenzialità ma bloccata nello sviluppo come la GT, a causa della costante mancanza di fondi.
2012 si riparte…
Rifondata a 50 anni esatti dalla data della sua prima nascita grazie alla passione di Gianluca Gregis (anima di «Unico Esemplare») l’ATS ha seguito la sua vecchia vocazione mettendo a listino una 1.000 Sport (una barchetta di pari cilindrata vinse il Campionato italiano di categoria nel 1968) declinata però anche in versione «Street Legal» (ne parliamo nell’apposito riquadro a piè di pagina) e la riedizione della sua «ATS 2500 GT» (di prossima commercializzazione).
La ATS Leggera
L’impostazione tecnica è «semplicemente» tradizione attualizzata: telaio in cromo molibdeno rigido e leggero, progettato in funzione di una eventuale omologazione FIA-CSAI per l’utilizzo agonistico; sospensioni a triangoli sovrapposti con ammortizzatori Ohlins e barre antirollio, freni a disco autoventilanti con pinze a sei pistoncini sia all’avantreno che al retro. Il propulsore – montato in posizione anteriore centrale, (distribuzione pesi 50/50) è un 4 cilindri 1,6 litri turbo da 210 cavalli e coppia di 30 kgm a 1.750 giri che, abbinato ad una massa di soli 650 kg, consente uno scatto 0/100 km/h in 4,3” con una velocità massima superiore ai 220 km/h.
Il cambio è un manuale a 5 rapporti mentre la trasmissione è provvista, di serie, di differenziale autobloccante; l’impianto di scarico è in acciaio, mentre i bellissimi cerchi in lega sono da 16” con canale da 8” con un design che si rifà a quello dei mitici Minilite inglesi.
La dotazione-base della ATS Leggera include gli interni in pelle, il volante Nardi in legno e acciaio, la pedaliera regolabile in alluminio, gli specchietti cromati, i fanali a led e la verniciatura pastello.
Spider biposto corta, bassa e filante (lunga 3,75 e larga 1,65 metri) ha un lungo cofano motore incattivito da una gobba con presa d’aria dinamica, abitacolo quasi sulle ruote posteriori, ovviamente motrici, coda tonda corta e rastremata caratterizzata dalla presenza di due roll-bar stile Cobra 427; ma a questo proposito occorre dire che l’old style dell’auto sembra ricordare qualche altro particolare (opinione del tutto personale) di altre vetture ugualmente esclusive che qui di seguito vi proponiamo in successione. D’altra parte l’estetica di questa tipologia di vetture è dettata dalla loro funzione e pur essendo determinati stilemi alla fin fine obbligati, il risultato finale è decisamente accattivante.
Guardando gli interni salta all’occhio un classico delle vetture sportive italiane degli anni ’50 e ’60 ossia il volante Nardi a tre razze (corona il legno, anima e razze in acciaio cromato) mentre la disposizione centrale degli strumenti (Smiths con logo ATS) si rifà agli esempi più classici inglesi.Ed ancora: nappa italiana per l’intero abitacolo, sedili e pannelli rifiniti a mano con cura artigianale possono essere personalizzati in base alla richiesta del cliente e le cinture, infine, sono le classiche a 3 punti, le sole omologabili per l’uso stradale.
Prezzi ancora non comunicati ma come dichiarato, sembrerebbero allineati a quelli della Catheram R400 (che ha un listino-base di 56.500 euro ed un enorme carisma ma, per contro, non offre il comfort che l’ATS leggera sembra avere in più.
La bottega dei desideri
Ma un’auto del genere è in realtà un giocattolo e qui scatta la voglia di personalizzazione del cliente e la capacità del costruttore di seguirlo; ecco quindi che:
● la potenza del motore di serie può essere portata da 220 a 240 cavalli (modello 365 leggera); in questo caso la velocità passa da 220 a 235 km/h e l’accelerazione 0-100 scende a 4” netti;
● il cambio di serie può essere sostituito con un più tecnico: cambio ad innesti frontali o un sequenziale a 6 marce;
● se si vuole fare una puntata in pista cinture a tre punti e sedili possono essere sostituiti da cinture a quattro punti e sedili anatomici in fibra di carbonio e si può montare il roll-bar, mentre gli ammortizzatori di serie possono essere sostituiti da degli Ohlins TTX a doppia regolazione (estensione-compressione);
● si può avere la guida sia sinistra che a destra (ricordiamo che spesso, in particolare negli anni ’50, molti lancisti richiedevano le loro Aurelia B20 GT, con guida a destra);
● i cerchi di serie possono lasciar posto a cerchi a raggi, oppure a cerchi scomponibili mentre le coperture saranno stradali o semi slick, in base alle esigenze del giorno…
● capote e i vetri laterali sono degli optional (alcune inglesi insegnano);
● infine si può optare per la strumentazione digitale, in alternativa a quella analogica per noi molto più affascinante ed in linea con la filosofia del mezzo.
La serie speciale
Gli incontentabili (solo 5 però) avranno a disposizione la ATS 420 Super Leggera SS, una versione speciale dotata di un telaio in acciaio al «cromo molibdeno 25» che fa risparmiare 50 kg. Questa versione, che pesa quindi poco più di 600 kg, è spinta da un motore Honda 2,2 litri aspirato da 290 cv a 9.000 giri/minuto (non ci dimentichiamo i motori Formula 1 Honda vero?), è provvista di un cambio 6 marce, differenziale autobloccante racing, raggiunge i 280 km/h ed i 100 km/h da fermo in 3,5”!
A chi volesse saperne di più sulla storia dell’ATS di 50 anni fa, affascinante nel contesto umano e tecnico, consigliamo «ATS la scuderia bolognese che sfidò Ferrari» di Michael Lazzari, 2012, Maglio Editore (info@maglioeditore.it).
Giovanni Notaro
L’erede del «millino»
La Sport 1000 è una barchetta biposto (a carrozzeria aperta quindi) erede ideale di quel «millino» che la sua classe nel 1968 vinse il Campionato Italiano Sport Prototipi. Oggi il potenziale acquirente di questa «Street Legal» (così si definisce un’auto da competizione adattata a quanto previsto dal CdS del paese nel quale la si vuole far omologare) può scegliere tra diverse motorizzazioni tutte a 4 cilindri e di origine motociclistica con trasmissione a catena e differenziale a slittamento limitato. I pneumatici possono essere di tipo slick oppure semi-slick.
Il telaio tubolare a traliccio con pannelli in alluminio (55 kg) è vestito da una carrozzeria in fibra (peso complessivo 400 kg) caratterizzata da un’aerodinamica assai sofisticata; curata in particolar modo la deportanza che, con i suoi 1.150 kg, è ai vertici della categoria.
Disponibile sia in versione stradale che per uso esclusivamente agonistico, viene venduta ad un costo che parte da 25.000 euro.