Il grave incidente sulla A1, causato dall’invasione di animali sulla carreggiata, ribadisce la necessità di una maggior protezione delle infrastrutture. Ma le Prefetture preferiscono bloccare il traffico pesante in vista del maltempo nel Sud Italia. Anche in assenza di neve. Una situazione scoraggiante, ai limiti della schizofrenia
Era già avvenuto in passato che, alle prime avvisaglie di maltempo, diverse Prefetture delle aree coinvolte – basandosi sui bollettini meteo diramati dal Dipartimento della Protezione civile – emanassero prontamente ordinanze di blocco della circolazione dei mezzi pesanti sulle strade di competenza, indifferentemente statali o provinciali e comprendendo gli stessi caselli autostradali. Il tutto, in assenza di precipitazioni nevose.
“Quest’anno ci saremmo aspettati una scelta diversa – ha dichiarato Thomas Baumgartner, Presidente di ANITA (l’Associazione di Confindustria, che dal 1944, rappresenta le imprese di autotrasporto merci e logistica) – e invece ci dispiace constatare nuovamente come il principio di precauzione sia stato utilizzato per non doversi assumere qualsiasi responsabilità”. La critica di Baumgartner è sostanzialmente diretta a un atteggiamento preventivo e, di fatto, «passivo»: invece di individuare le soluzioni adatte per garantire una sicura e libera circolazione sulle strade ed autostrade si preferisce più prosaicamente bloccare la circolazione, addirittura molto prima… che nevichi veramente.
Non si tratta, si badi bene, di una critica generale e indiscriminata verso le Istituzioni: Baumgartner, infatti, precisa che “dopo il capillare lavoro svolto sul territorio nei mesi scorsi da parte della Polizia stradale, con il coinvolgimento dei COV (Comitati operativi viabilità), non potevamo immaginare che fossero emanate ordinanze di blocco da parte di alcuni Prefetture dell’Abruzzo, e del Molise, a prescindere da eventi nevosi che vengono definiti lievi”.
Le Prefetture, che come noto rappresentano la presenza capillare del Governo nelle singole Province, sono in pratica il misuratore dell’efficienza decisionale: e ragionando nell’ottica degli operatori del trasporto pesante, rappresentati da ANITA, sono evidenti i dubbi verso questo operato. Perché il sistema produttivo e distributivo italiano (che si fonda nell’85% sul trasporto su gomma) non può permettersi incomprensibili blocchi della circolazione dei mezzi pesanti. Il blocco dovrebbe essere considerato come extrema ratio, e ultimo atto di un percorso in cui, nelle fasi precedenti, siano stati attuati tutti gli sforzi da parte degli Enti e delle Concessionarie autostradali per consentire la libera circolazione delle merci. Anche in condizioni atmosferiche nevose e certamente non quantificabili come critiche. “Come mai nei paesi dell’Europa del Nord simili blocchi alla circolazione non esistono?” si chiede, non a torto, Thomas Baumgartner.
Massimizzare la «Sicurezza»
Se da un lato si estremizza al massimo la sicurezza preventiva, è tuttavia constatabile come da un altro fronte vi sia una sorta di rilassamento su quella attiva. Come è testimoniato tragicamente dal recentissimo incidente avvenuto, all’alba del 3 gennaio, sull’Autostrada del Sole tra Lodi e Casalpusterlengo dove, a causa dell’ingresso di un branco di cinghiali, si è verificata una sequenza di incidenti che ha portato alla morte di una persona, e al ferimento di altre dieci. Una delle caratteristiche tipiche delle sedi autostradali è quella di essere un luogo protetto: non accessibile dall’esterno, tanto dalle persone quanto dagli animali. Eppure, gli animali sono entrati. E non si trattava di animali di piccola taglia, visto che hanno potuto attraversare un sistema di contenimento che, evidentemente, pur essendoci, non era efficiente come avrebbe dovuto.
La Società Autostrade, successivamente all’episodio, ha infatti comunicato che “L’impianto di recinzione che delimita la proprietà autostradale è risultato integro e in corretto stato di efficienza e che il passaggio dei cinghiali è avvenuto tramite un varco creato dagli stessi al di sotto della rete”.
Non vi è dubbio che l’emergenza neve sia una situazione complessa da gestire, ed è altrettanto evidente che il sistema produttivo non può continuare a essere ostaggio di provvedimenti intempestivi, basati su previsioni che, spesso, si rivelano fallaci (o che si rivelano essere più tenui del previsto). Sconcertano, però, queste clamorose – e tragiche – discrasie: che, come nel caso dei blocchi preventivi nell’eventualità di neve, impongono un rigorismo fondato sull’incertezza mentre lasciano nel vago situazioni tutt’altro che imprevedibili. Negli ultimi cinque anni il numero degli animali selvatici è raddoppiato, mentre cresce a livello esponenziale quello degli incidenti da essi causati.
E già da tempo, su molte tratte autostradali compare il segnale di pericolo indicante la possibile presenza di animali sulla carreggiata.
Quel caratteristico segnale, con l’animale che non si è mai ben capito se è un cervo o un capriolo, non è chiaramente messo lì a titolo soltanto cautelativo, ma anche preventivo. Ovvero, evitare onerose richieste di risarcimenti da parte del gestore dell’infrastruttura.
[ Alessandro Ferri ]