La vittoria assoluta di 75 anni fa celebrata oggi con la presenza di ben cinque «328»
Si sta facendo notare lo squadrone di BMW 328 provenienti da Germania, Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia e Cina come si fece notare su strada ed in pista, la «328» dopo il suo debutto nel 1936, per la sua leggerezza, affidabilità e tenuta di strada.
Nell’attuale edizione della Mille Miglia stanno correndo per BMW Group Classic Ian Robertson e Jim Holder su BMW 328 Berlin-Rome Touring Roadster (n°133), Alexander Bilgeri e Scott Hughes su BMW 328 Mille Miglia Roadster (n° 146), Ulrich Sanne/Wang Wei, Peter van Binsbergen/Wolfgang Wieland ed infine Sergio Solero/Michele Lupi, tutti su BMW 328 con i numeri 125, 123 e 132.
La Mille Miglia del 1938 venne vinta da una BMW 328 nella categoria 2 litri seguita da altre tre «328»mentre alla 1000 Miglia del 1940, cinque furono le 328 schierate sulla linea di partenza (3 roadster e 2 coupé, una delle quali, con carrozzeria Touring, conquistò con l’equipaggio Fritz Huschke von Hanstein e Walter Bäumer, la vittoria assoluta).
Il fatto si ripeté nel 2004, ben 54 anni dopo, e questa fu la prima volta che uno stesso modello riuscisse ad aggiudicarsi tanto la gara di velocità quanto quella di regolarità.
Ma nel palmares della «328», in mezzo alle oltre 220 vittorie, spicca oltre alla Mille Miglia, la vittoria di categoria alla 24 Ore di Le Mans del 1939.
Un po’ di storia
La 328, commercializzata dal 7 al 1940 in più di 450 esemplari fra roadster e coupé, venne subito impiegata in gara, dapprima con modelli strettamente di serie e poi con un modello a vocazione agonistica la cui progettazione venne affidata a Fritz Fiedler che ideò uno specifico telaio consistente in una struttura tubolare irrobustita ed irrigidita da inserti in scatolato (chi non ricorda, a partire dagli anni ’60, i telai tubolari di monoposto e sport irrobustiti dall’inserzione di pannelli d’alluminio chiodati?).
La carrozzeria, sempre roadster, venne completamente riconfigurata in modo da guadagnare sotto il profilo aerodinamico, ricorrendo anche all’opera dell’italiana Touring; prima di entrare regolarmente in produzione la 328 debuttò in corsa, vincendo la sua categoria, il 14 giugno 1936, nella gara in salita dell’Eifelrennen. La durata della sua carriera agonistica andò ben oltre la fine del suo ciclo commerciale arrivando, dopo l’interruzione dovuta al secondo conflitto mondiale, sino al 1955.
Vale anche ricordare, a sottolineatura della validità del progetto, che a questo – una volta tornata la pace sullo scacchiere mondiale – si rifece l’inglese Bristol che produsse vetture del tutto simili alla 328 roadster provviste di meccanica direttamente derivata da quella di tale vettura; va anche ricordato che tra il 1952 e il 1957 i motori Bristol-BMW vennero anche montati su vetture Frazer Nash, ERA, Cooper e AFM ed impiegati in Formula 1.
Tornando alla «nostra» 328, dobbiamo anche sottolineare che, come era costume dell’epoca, diverse furono le configurazioni di carrozzeria adottate in funzione di contingenti esigenze agonistiche o anche dei singoli desideri del cliente: si videro quindi calcare la scena, agonistica e non, 328 roadster sia con parafanghi classici (prima versione) sia con i più sportivi parafanghi motociclistici e sia nella configurazione, sempre aperta, più aerodinamica del 1940 ma anche in versione chiusa ma non basta: le diverse evoluzioni riguardarono anche la coda, dapprima affilata stile Bugatti e poi più integrata al corpo vettura il parabrezza che da sdoppiato (sempre stile Bugatti) divenne poi in pezzo unico; si registrarono anche alcune carrozzerie stile «barchetta» in esemplari votati ad un più esasperato uso agonistico.
D’altra parte le contenute dimensioni della vettura (lunghezza 3,90 m – larghezza 1,55 – altezza 1,40 – passo 2,4 – peso 830 kg) facilitavano questo tipo di esercizi.
Il propulsore derivava dal 6 cilindri in linea della 319/1 che venne leggermente rialesato per portare la cilindrata da 1911 a 1.971 cc; la distribuzione era a valvole in testa comandate da aste e bilancieri mentre all’alimentazione pensava una batteria di tre carburatori Solex. La potenza raggiunta grazie a queste modifiche non superava gli 80 cv che su un motore da circa 2 litri di cilindrata corrispondeva ad una potenza specifica di poco superiore ai 40 cv/litro (ecco spiegate le caratteristiche di resistenza e longevità), tuttavia sufficienti – grazie ai soli 830 kg di peso – a garantire prestazioni di tutto rispetto.
Il cambio era a 4 marce con 3a e 4a sincronizzate e frizione monodisco a secco; i freni idraulici, erano tutti e 4 a tamburo mentre l’avantreno era a ruote indipendenti con retrotreno ad assale rigido e balestre semiellittiche.
Museo BMW. La storia attraverso una partecipazione attiva
Il Museo BMW, uno dei più anziani musei di automobili della Germania, gioca un ruolo importante nella storia e nell’immagine del marchio; costruito nel 1973 fu dichiarato monumento nazionale nel 1999; chiuso per ristrutturazione anni dopo, venne riaperto nel 2008 ed oggi non è più solamente il testimone della storia della BMW ma offre sguardo al futuro esplorando anche il tema della mobilità a tutto vantaggio dei visitatori più giovani.
A questi è dedicato lo «Junior Museum» che organizza un programma speciale per bambini e giovani, basando il suo concetto pedagogico sull’apprendimento mediante il gioco.
[ Giovanni Notaro ]