Dalla Mazda-787B alla RX- VISION attraverso il Kodo Design ed essere premiata al 31º Festival Automobile International «Most Beautiful Concept Car of the Year»
Mazda è sempre andata controcorrente ed ha sempre dimostrato che le strade intraprese, spesso in contrasto con le tendenze del momento erano corrette, per non dire vincenti: esempi concreti sono stati l’utilizzo del Wankel, il rifiuto del downsizing nell’ambito di SKYACTIVE ed il Kodo design e la filosofia del «Soul of Motion».
Proprio per poter esprimere “l’anima del movimento” il Kodo Design riunisce la potenza formale all’agilità e all’eleganza delle masse affinché il «vestito» esprima ed esalti senza esitazioni la sottostante sostanza tecnica rappresentata dallo schema motore anteriore/trazione posteriore che più esalta il piacere della tradizionale guida sportiva che in questo concept viene esaltata dalla presenza del motore rotativo le cui compatte dimensioni hanno permesso la realizzazione di un cofano motore estremamente basso.
Se ci si basa sulle foto, la RX- VISION sembrerebbe imponente, mentre le dimensioni (Lunghezza/larghezza/altezza 4,389×1,925×1,160 metri con un passo di 2,700 metri) smentiscono tale impressione: effetti del Kodo design, una filosofia confermata anche nell’altra icona di casa Mazda, la compatta MX-5 di quarta generazione, la cui linea è stata premiata nel 2015 con il prestigioso «Red Dot: la migliore tra i migliori».
Questo ed altro esprime la Mazda RX-VISION, al punto da vedersi attribuito il «Most Beautiful Concept Car of the Year» al 31º Festival Automobile International di Parigi da una giuria di esperti ed appassionati, provenienti dal mondo del motorsport, dell’architettura, della moda e del design.
Un podio (che si aggiunge agli altri tre premi portati a casa in settembre all’Automotive Brand Contest 2015 tra cui il prestigioso riconoscimento come «Team of the Year») che la RX-VISION ha condiviso con la Porsche Mission E mentre le altre nominations sono andate alla Bentley Exp10 Speed 6, ed alla Peugeot Fractal.
Il premio è stato ritirato da Ikuo Maeda, Responsabile Internazionale di Mazda per il Design, insieme a Kevin Rice, Direttore Europeo Mazda per il Design, a Julien Montousse, suo omologo in Mazda Nord America, e al designer Mazda Norihito Iwao.
I fan del marchio ricordano con nostalgia la RX-7 della quale la RX-VISION mantiene l’impostazione tecnica e i fondamentali estetici ovviamente con i dovuti distinguo e proprio in questa differenza si vedono i miracoli del Kodo design.
l’abitacolo quasi viene minimizzato dalle complessive proporzioni dell’auto ma proprio questo è uno dei motivi del fascino di questa filante coupé, un fascino accresciuto dalle scelte spartane che caratterizzano gli interni il cui sapore vintage viene esaltato dal volante a calice a tre razze, dalla leva del cambio manuale con il pomello in metallo stile vetture sport degli anni ’50 e ’60 del secolo scorso e dalla, a questo punto appropriata, strumentazione analogica.
L’imponente tunnel centrale che ospita appunto la leva del cambio, quella del freno a mano e la manopola che probabilmente comanda i settaggi elettronici é foderato in morbida pelle nera impunturata in rosso e ricorda le più pure Gran Turismo d’antan e se da una parte la presenza (discreta) della fibra di carbonio ci ricorda che questa RX-VISION è figlia dei nostri tempi, dall’altra la presenza dell’apertura della portiera con la classica fettuccia ci riporta ai tempi della Ferrari GTO e delle Porsche Carrera RS tanto per citare due icone delle quattro ruote.
Nulla trapela circa le prestazioni che l’auto può esprimere ma bisogna però ricordare che la Mazda portò alla vittoria alla 24 Ore di Le Mans del 1991 la sua indimenticata 787/787B equipaggiata, come la «Vision» oggi, con motore rotante Wankel e che contagiri e tachimetro della RX-VISION sono scalati rispettivamente a 10.000 giri/minuto ed a 320 km/h, il che, assieme ad un assetto spinto ed a pneumatici da 20” a larghezza differenziata (ant./post. cerchi 20 x 9.5J / 20 x 11J – pneumatici 245/40 R20 / 285/35 R20), «forse» sottende qualcosa.
E a questo punto, se dobbiamo lasciar correre la fantasia possiamo anche immaginare che la voce del motore di questa «Vision» possa ricordare in qualche, addomesticato modo quella proprio della vincitrice di Le Mans che vi facciamo ascoltare con il sottostante video:
http://fatlace.com/up-close-with-my-hero-mazdas-787b/
Se così fosse saremmo alla quadratura del cerchio della passione.
La Mazda 787 / 787 B e la scalata a Le Mans
Controcorrente: questa fu la scelta, nel 1990, della Mazda che si presentò a Le Mans con due Sport prototipo Gruppo C spinti da un propulsore Wankel, una scelta tanto coraggiosa quanto – quel primo anno – sfortunata.
La monoscocca era in fibra di carbonio, materiale utilizzato anche per l’impianto frenante, mentre la carrozzeria venne realizzata con un composito di kevlar carbonio.
Quel motore (siglato R26B) era formato da quattro rotori in linea la cui combustione era assicurata da 16 candele (3 a rotore); la cilindrata complessiva era di 2.616 cc (654 a rotore) corrispondenti, in base ai parametri di equivalenza allora vigenti, a 4.708 cc di un motore tradizionale. La potenza massima erogabile era di 930 cv a 10.500 giri/min. ma i motoristi Mazda optarono prudentemente per 700 cv a 9.000 giri/min. con una di 608 Nm a 6.500 giri/min. più che sufficienti, comunque, per rendere competitiva una vettura che pesava solamente 830 kg e spingerla sino a 340 km/h.
Le due Mazda che parteciparono alla 24 Ore di Le Mans del 1990 furono realizzate proprio ed esclusivamente in funzione della classica francese: purtroppo la gioventù della vettura e la mancanza di esperienza specifica, unite alla durezza della gara, provocarono alcune perdite d’olio e la cottura di alcuni cavi elettrici per carenza di raffreddamento, con conseguente ritiro.
Musica completamente diversa l’anno dopo: le Sport schierate furono tre che fecero dell’affidabilità la loro carta vincente, qualità che non dimostrarono le avversarie: le nuove Peugeot 905, le Mercedes-Benz C11 e le Porsche 962 si ritirarono per noie meccaniche mentre le Jaguar XJR-12 furono obbligate ad una andatura ridotta a causa dell’eccessivo consumo di carburante; al contrario la più leggera (e parca) Mazda 787B condotta da Johnny Herbert, Volker Weidler e Bertrand Gachot, risalì la classifica sino alla vittoria percorrendo 362 giri (= 3,065 miglia) ad una media di 205,4 km/h; questo fece entrare Mazda nel Guiness dei primati come unica Casa giapponese vincente a Le Mans, record tutt’ora imbattuto.
Dopo la vittoria, la Mazda 787B n° di telaio 002 trovò adeguata collocazione nel museo Mazda mentre per l’attività agonistica venne aggiornato ed impiegato il telaio 003 che partecipò a tre prove dell’All Japan Sports Prototype Championship ed alla gara di Autopolis valida per il Campionato del Mondo prototipi (miglior risultato il terzo posto alla 1000 km del Fuji condotta da David Kennedy e Takashi Yorino).
[ Giovanni Notaro ]