Domanda in forte crescita da parte del pubblico con un’offerta di servizi che sta registrando l’ingresso di nuovi operatori
Sempre: sempre maggiori le limitazioni alla circolazione, sempre più costosi i parcheggi, sempre più cara la gestione dell’auto di proprietà che invecchia assieme alla sua classe Euro che diviene sempre meno utile.
Auto di proprietà: ma serve proprio? Non necessariamente se esistono alternative valide ad un consistente immobilizzo di capitale affiancato da significative spese fisse (tassa possesso, assicurazione, tagliando). Ecco quindi che si prende in considerazione l’idea di affittare l’auto quando serve o di ricorrere, oggi sempre di più, al car sharing.
Quello che spinge in questa direzione sono senso pratico (vai ovunque senza limiti, la prendi dove ti conviene e la lasci dove vuoi) economicità (paragoniamo i costi con quelli di un taxi andata e ritorno) e, nei casi più drastici, dalle scelte e filosofia di vita (l’auto di proprietà è una schiavitù, peraltro costosa e poi lei deve servire me, non io lei).
Un fenomeno in crescita: il quadro appena descritto sta assumendo, lentamente ma progressivamente, importanza sociale e costituisce, già da tempo, oggetto di analisi, progetti aziendali ed iniziative di marketing da parte degli operatori di settore. Illuminanti sono al riguardo i numeri globali di Car2go:
● 27 le città Europee servite con 5.500 Smart (Berlino, Düsseldorf, Amburgo, Colonia, Monaco di Baviera, Stoccarda, Ulm, Milano, Roma, Firenze, Amsterdam e Vienna), USA e Canada (Austin, Denver, Miami, Minneapolis, Portland, San Diego, Washington DC, Seattle, Toronto, Vancouver e Calgary);
● oltre 700.000 i clienti;
● 11.000 smart, di cui oltre 1.250 elettriche;
● 21 milioni i noleggi effettuati (1 ogni 2 secondi, in media oltre 1 milione al mese).
Anche per quanto attiene all’Italia i numeri (110.000 iscritti in 10 mesi) confermano il trend:
● 600 smart e oltre 65.000 iscritti a Milano, con una media di 25.000 noleggi a settimana.
● 500 smart car2go e più di 45.000 iscritti a Roma a soli due mesi e mezzo dal lancio, con una media di 15.000 noleggi a settimana.
● 200 smart anche a Firenze con numeri super, buoni anche in molte parti d’Europa, dove si possono noleggiare 5.500 smart.
Il successo italiano di Car2go (110.000 iscritti in 10 mesi su 700.000 a livello mondiale) come degli altri operatori di questa tipologia di mercato, fa meditare sociologi, gioire ecologisti e dovrebbe inoltre far riflettere i nostri governanti «capaci» da una parte di costringere il cittadino ad essere automobilista negandogli l’alternativa di un valido sistema di trasporto pubblico e dall’altra di spremerlo sino all’esasperazione (alle già citate spese fisse si aggiungono quelle variabili multe a go-go comprese). Ma perché questo invito alla riflessione? Noi crediamo che la crescente popolarità del car sharing potrebbe iniziare a rappresentare una delle contromisure a disposizione del contribuente per rispondere all’ingordigia di parte dei nostri governanti e burocrati passati, presenti e – temiamo – futuri: il prelievo fiscale sul comparto auto è passato dal 2009 al 2012 dal 16 al 17% delle entrate tributarie nazionali con una incidenza sul PIL del 4,4% rispetto ad una media europea del 3,3%.
In soldoni nel 2012 l’auto ha conferito alle casse statali 72,73 miliardi di euro che non si possono non raffrontare con le stime su sprechi da:
Burocrazia: l’Antitrust ne stima il costo per il cittadino in 61 miliardi di euro; se si potesse abbattere tale cifra del 25%, il Pil salirebbe dell’1,7% (1).
Evasione: preoccupante incertezza del dato: si va dai 130 miliardi di euro della Corte dei Conti ai 272 di Confcommercio (pari al 17,2% del nostro PIL); in mezzo troviamo i 180,2 miliardi stimati da Tax Justice Network (2).
Corruzione: benché quotidianamente alla ribalta, è un fenomeno non quantificabile correttamente; stime di origine comunitaria ipotizzano 60 miliardi di euro l’anno (3).
Fonti:
1) http://www.01net.it/articoli/0,1254,14_ART_9006383278,00.html
2) http://www.termometropolitico.it/105528_ma-quanto-ammonta-levasione-italia.html
3) http://www.lavoce.info/corruzione-criminalita-tangenti-burocrazia-unione-europea/
E se a questo punto il cittadino dovesse gradualmente prendere coscienza di quanto potrebbe convenire disfarsi dell’auto (o perlomeno di una delle auto di famiglia) il problema dei minori introiti fiscali potrebbe diventare importante ma non sarebbe una lezione per gente incapace (perlomeno sinora) di tenere sotto controllo i fenomeni appena citati.
Ma torniamo a noi: Car2go pur essendo un player fortissimo non è certamente solo sul mercato.
Ecco quindi apparire in Italia Enjoy, il car sharing che mette a disposizione, di chi va quest’estate in vacanza a Rimini, 70 Fiat 500 rosse oppure, guardando sia all’Italia che all’estero e pensando molto più in grande, non possiamo non fare cenno alle specifiche iniziative (Bluecar e Bluesolutions) di Bollorè:
● Italia: costituita a fine 2013 la Bolloré Italy vuole riproporre nel nostro Paese quanto già fatto in Francia in tema di car sharing, network di ricarica e produzione di batterie; da notare poi che la Bluecar è prodotta a Bairo, Torino, dalla VEPB (Vehicule Électriques Pininfarina Bolloré).
● Francia: il progetto di car sharing Autolib, costituito da flotte di Bluecar, sta facendo registrare un notevole successo non solo a Parigi ma anche in altre aree del territorio francese (in particolare Lione e Bordeaux); questo progetto di car sharing transalpino è inoltre integrato dall’installazione di un network di colonnine di ricarica esteso su tutto il territorio francese e dal parallelo sviluppo – in proprio – di un pacco batterie specifico per la Bluecar.
● USA: Bolloré ha recentemente perfezionato un accordo di car sharing basato su 500 auto elettriche e 1.000 punti di ricarica proprio nel tempio della velocità made in USA, Indianapolis; progetto vale complessivamente 51 milioni di dollari (35 dei quali provengono dal Gruppo Bolloré); questi punta al successo contando anche sul fatto che la definizione di ZEV (Zero Emissions Vehicle come è la Bluecar) è stata coniata proprio negli USA.
● Gran Bretagna: per uno (agguerrito, leggi Car2go) che esce dal mercato ecco un altro (Bolloré, altrettanto determinato) che comunque ci prova: a Londra il car sharing di Car2go – ovunque sinora vincente – non ha fatto presa probabilmente anche «a causa» della collaudata efficienza dei mezzi pubblici e della conseguente abitudine dei londinesi di considerare l’auto alternativa minore rispetto al trasporto pubblico; a differenza però di Car2go, la flotta Bluecar è interamente elettrica e questo potrebbe in qualche modo far breccia sui londinesi (che peraltro sono sciovinisti almeno quanto i francesi…)… vedremo.
Sempre parlando di Bluecar ricordiamo con l’occasione che in Francia l’associazione «Osservatorio del nucleare» ha sollecitato all’Autorità deontologica nazionale la verifica della correttezza di alcuni spot pubblicitari prodotti per conto del gruppo Bolloré sul proprio car sharing elettrico (a Parigi Autolib e Bluely a Lione) e per conto della Renault sulla Zoe nei quali si sottolinea il fatto che le citate auto elettriche sono al 100% ecologiche proprio mentre iniziano a circolare voci avverse a questa tipologia di auto in quanto meno ecologica di quanto possa sembrare; ovviamente tali voci non si riferiscono alla quotidiana gestione dell’auto bensì all’intero suo ciclo di vita a partire da quello produttivo.
In merito al car sharing a impatto zero, l’Autorità deontologica nazionale ha comunicato che il suo utilizzo “implica necessariamente alcuni effetti negativi sull’ambiente, a partire dal fatto che l’elettricità necessaria alla ricarica non è detto che provenga da risorse rinnovabili”; per quanto attiene invece alla Renault Zoe l’Arpp, preso atto del fatto che l’auto non emette CO2 in fase di utilizzo, ha comunque sottolineato che ogni auto nell’arco della sua intera vita, dal ciclo di produzione sino allo smaltimento, ha un impatto sul Pianeta precisando inoltre che nello spot “il minore impatto ambientale di un veicolo elettrico rispetto ad un veicolo con motore a scoppio è formulato in termini troppo generali e non si accompagna ad alcuna precisazione. La pubblicità in causa incita esplicitamente i consumatori ad utilizzare una vettura elettrica per ridurre l’inquinamento atmosferico, sebbene esistano numerosi altri mezzi di trasporto che sono notoriamente meno nocivi per l’ambiente, come i trasporti pubblici e le biciclette”.
Se ci è permesso esprimere un parere, ci sembra che tali dichiarazioni, pur riferendosi chiaramente al supposto contenuto fuorviante delle pubblicità esaminate, si fondino più sull’onda di sensazioni e luoghi comuni che su dati scientifici; fermo restando il fatto che l’intero ciclo di vita di un’auto, indipendentemente dal fatto che essa sia elettrica o meno, ha un impatto sull’ambiente, è comunque innegabile che l’utilizzo di un’auto elettrica non implica l’emissione di sostanze inquinanti a differenza di qualsiasi altro tipo di propulsione (idrogeno escluso) e questo ci sembra l’aspetto più positivo della questione.
Tenendoci sul semplice, se facciamo 100 l’inquinamento derivante dall’intero ciclo di vita di un’auto a combustione interna (produzione + stoccaggio + trasporto e distribuzione alla rete di vendita + acquisto ed utilizzo da parte dell’acquirente + smaltimento) è facile intuire che a quel «100» (e più precisamente dalla casistica «utilizzo da parte dell’acquirente») va sottratta la voce «emissioni inquinanti»; il dato netto sarà, alla fine dei conti, comunque più favorevole all’elettrico.
L’osservazione “l’elettricità necessaria alla ricarica non è detto che provenga da risorse rinnovabili” (riferita ovviamente all’auto elettrica) può essere controbilanciata dal fatto che l’inquinamento derivante dal ciclo di produzione e distribuzione dei carburanti tradizionali e dal loro trasporto alla rete di distribuzione è probabilmente ben superiore a quello necessario a produrre elettricità (occorre infatti pensare non solo a quella proveniente da centrali a gasolio o carbone ma anche a quella prodotta dal nucleare, da fonti rinnovabili e dallo sfruttamento di risorse idriche…).
Per quanto attiene, infine, all’implicito invito a rivolgersi ad “altri mezzi di trasporto che sono notoriamente meno nocivi per l’ambiente, come i trasporti pubblici e le biciclette”, l’osservazione sembrerebbe talmente generalizzante che non meriterebbe essere citata nel corpo di uno scritto autorevole come una sentenza o un parere giudiziale mirati a qualcosa di più specifico.
Giovanni Notaro