Progettata in Svezia, disegnata in Italia, presentata al salone automobilistico di Bruxelles, costruita in Gran Bretagna e consacrata al successo negli Stati Uniti. La Volvo P1800 è forse il modello della casa svedese più conosciuto nel mondo e quello che suscita le emozioni più forti. Nel 2011 questa straordinaria vettura tanto amata dal pubblico compie 50 anni. Era infatti il 1961 quando, dopo quattro anni di accurata progettazione e sviluppo, la vettura entrò in produzione – che continuò nei 12 anni successivi – e fece poi la sua prima comparsa negli autosaloni. Da un punto di vista di fatturato, la P1800 ha forse giocato un ruolo marginale per l’azienda, ma in termini di immagine ha svolto un ruolo decisamente più importante di qualsiasi modello Volvo precedente – superato da pochissimi, se mai ce ne sono stati, dei modelli successivi.
La Volvo P1800 è nata per un motivo ben preciso: attirare l’attenzione dei passanti verso le vetrine degli autosaloni che esponevano modelli Volvo e incrementare quello che oggi viene definito “floor traffic” (NdT: flusso di visitatori), così da indurre chi entrava nell’autosalone ad uscirne alla guida di una nuova Volvo.
Volvo si era già cimentata nella realizzazione di auto sportive all’inizio degli anni ’50 con la due posti scoperta con scocca in plastica ribattezzata Volvo Sport, in produzione dal 1955 al 1957, di cui vennero realizzati soltanto 67 esemplari. “Non è male come vettura, ma non è all’altezza del marchio Volvo”, questo fu il commento fatto dall’allora Presidente di Volvo, Gunnar Engellau, quando sospese la produzione di quel modello. Tuttavia, egli stesso riconosceva l’importanza di avere un modello prestigioso ed entusiasmante nella gamma d’offerta al fine di promuovere le vendite complessive, un punto di vista che i concessionari sostenevano con entusiasmo.
La realizzazione di alcune proposte di design venne dunque commissionata in Italia, dove il consulente di Volvo Helmer Petterson – che era fortemente coinvolto nella progettazione della nuova auto – era riuscito a ottenere per il proprio figlio Pelle, fresco di diploma in industrial design conseguito presso il Pratt Institute di New York, un posto di collaboratore presso lo studio di progettazione di Pietro Frua. Quando arrivò il momento di presentare le quattro proposte al CdA di Volvo nel 1957, Helmer incluse ai quattro progetti ufficiali una quinta proposta realizzata dal figlio Pelle, che fu poi quella che venne scelta da tutti. Il progetto piacque in particolare a Engellau, il quale era piuttosto contrario all’idea di un’automobile dal design italiano. Naturalmente è proprio questo che invece ottenne, ma la differenza stava nel fatto che l’autore del progetto era un venticinquenne nativo di Göteborg che anni dopo avrebbe sfondato come progettista di barche e vinto delle medaglie olimpiche nell’ambito di gare nautiche. Alla fine tuttavia la verità sulla proposta di progetto selezionata venne a galla. Il collerico Engellau andò fuori dai gangheri, pensò di essere stato raggirato e giurò che Pelle non sarebbe stato mai ufficialmente riconosciuto come il designer dell’auto. E di fatto passarono molti anni prima che la verità venisse resa nota e che a Pelle Petterson venisse riconosciuto il merito, assolutamente dovuto, di aver progettato una delle più accattivanti coupé sportive del mondo.
Quando infine arrivò negli showroom, la nuova auto sportiva – è così che Volvo presentò il nuovo modello – aveva un tettuccio fisso, la carrozzeria in acciaio e molti componenti meccanici presi direttamente dalla Amazon, oltre a montare il nuovissimo motore B18 nella sua versione sportiva da 100 cavalli.
I prototipi realizzati da Frua a Torino nel 1957-1958 sulla base della Amazon furono tre e queste vetture vennero utilizzate per una serie di scopi, ad esempio come modelli per la produzione di utensili per lo stampaggio, in una serie di test, in occasione di esposizioni, per iniziative stampa e servizi fotografici, e per molto altro. Tutti e tre i prototipi sono sopravvissuti al trascorrere del tempo e circolano ancora su strada.
In quel periodo, Volvo stava attraversando una fase di forte espansione e l’azienda si rese conto sin dall’inizio di non disporre internamente di capacità sufficiente per produrre il nuovo modello – né per lo stampaggio dei pannelli della carrozzeria, né per la verniciatura o l’assemblaggio, nemmeno su scala ridotta. Ebbe quindi inizio, sotto la direzione di Helmer Petterson, la ricerca di un partner adeguato e dopo lunga e attenta riflessione venne presa la decisione di utilizzare due aziende britanniche per la realizzazione della vettura: la Pressed Steel avrebbe prodotto la carrozzeria e la Jensen Motors si sarebbe occupata della verniciatura e dell’assemblaggio delle auto. La produzione dunque iniziò, ma il metodo adottato era ben lungi dall’essere privo di intoppi. Una serie di problemi riguardanti il personale, i metodi di lavoro, la qualità, i fornitori e la logistica, insieme a una riluttanza di fondo a gestire queste problematiche, indusse Volvo a riportare la produzione in Svezia non appena se ne presentò l’opportunità.
Dalla primavera del 1963 – dopo un primo lotto di 6000 unità prodotto dalla Jensen – Volvo avviò la produzione della 1800 presso il proprio stabilimento di Lundby, ma fu soltanto nel 1969 che lo stampaggio delle carrozzerie venne trasferito dallo stabilimento scozzese della Pressed Steel all’officina di stampaggio di Volvo con sede a Olofström. Il trasferimento ‘in patria’ coincise inoltre con una modifica apportata al nome della vettura, prima nota come P1800 S e successivamente, dal 1963, semplicemente come 1800 S, laddove la ‘S’ stava per ‘Svezia’.
Nel corso della lunga vita della coupé non sono stati apportati cambiamenti radicali alla linea esterna che ne ha decretato lo strepitoso successo. Solo alcuni dettagli come la griglia, le modanature dei rivestimenti interni, i cerchioni e i colori differenziano le versioni prodotte in anni diversi. Dal punto di vista tecnico, la 1800 era sempre avanti rispetto agli altri modelli Volvo e veniva continuamente migliorata; fra le caratteristiche tecniche più innovative introdotte nel tempo su questa vettura si ricordano i dischi dei freni su tutte e quattro le ruote, propulsori più potenti e l’iniezione elettronica.
Nel 1971 venne tuttavia presentata una nuova variante della carrozzeria, la 1800 ES. Si trattava di una due volumi sportiva con curva del tetto allungata e il posteriore di una station wagon contraddistinto da un ampio portellone in vetro – in pratica un ‘mix’ fra una GT e una station wagon. La ES era stata progettata a Göteborg e suscitò grande interesse, provocando però anche reazioni contrastanti fra il pubblico. L’auto ha comunque raggiunto uno status di oggetto di culto, insieme alla ‘sorella’ coupé, e ad oggi ne esistono ancora molti esemplari. I modelli 1800 della Volvo sono ricercatissimi fra gli appassionati – esistono anche numerosi club ad essi correlati – e per molti anni è stato possibile acquistarli a prezzi relativamente contenuti, sebbene di recente le loro quotazioni abbiano cominciato a salire sul mercato delle auto d’epoca. Restaurare una 1800 non è né facile, né a buon mercato – molte parti infatti non sono più disponibili, soprattutto per quanto riguarda le vetture costruite dalla Jensen -, ma chi ne possiede una e si è preso la briga di farlo può tranquillamente aspettarsi di percorrere tanti chilometri al volante di un’auto eccezionalmente piacevole da guidare, agile e robusta, il cui valore per Volvo, in termini di immagine, non può essere quantificato con precisione.
Basta chiederlo a Roger Moore, che ha avuto la fortuna di guidare una P1800 quando impersonava l’affascinante Simon Templar – una sorta di moderno Robin Hood costantemente impegnato nella lotta contro il crimine – nella serie televisiva inglese basata sul personaggio inventato da Leslie Charteris, Il Santo (The Saint). I produttori della serie TV erano alla ricerca di un’auto sportiva dalla linea accattivante che si adattasse all’immagine di un gentleman agiato e, dopo il rifiuto ottenuto dalla Jaguar, si rivolsero a Volvo per avere la P1800. Volvo non si lasciò sfuggire l’occasione. La decisione si rivelò un successo pubblicitario per il nuovo modello Volvo, che presto acquisì una fama pressoché mondiale. Ancor oggi si fa spesso riferimento alla P1800 come all’ ‘auto del Santo’.
Un’altra persona che può attestare l’eccellenza dell’auto è il newyorkese Irv Gordon, il quale ha percorso oltre 4.500.000 km con la sua 1800 S acquistata nel 1966, confermandosi così detentore di un record da Guinness dei Primati che probabilmente non sarà mai possibile battere. Complessivamente, Irv Gordon ha già trascorso circa 12 anni al volante della sua auto e ora punta al traguardo dei 3.000.000 di miglia, vale a dire attorno ai 4.800.000 di chilometri. E con lo stesso motore
La Volvo P1800, questa vivace cinquantenne, non è stata realizzata per diventare una vettura prodotta in serie. Era, ed è ancora, un prodotto di nicchia, il top della gamma di modelli, eppure al tempo stesso abbastanza accessibile da essere alla portata di persone comuni che desideravano un’automobile che somigliasse a una Ferrari ma costasse e funzionasse come una Volvo: piacevole, affidabile ed economica. Fu un successo presso il pubblico già prima di arrivare negli showroom nel 1961 e la sua linea ha superato indenne l’evolversi di gusti e mode grazie a un giusto equilibrio di caratteristiche che la rendono intramontabile, classica e sportiva al tempo stesso. Complimenti dunque a Gunnar Engellau e Helmer Petterson, che hanno saputo convincere Volvo a realizzare la vettura, a Pelle Petterson, che l’ha disegnata, a Volvo che ha continuato la produzione del modello in periodi buoni e meno buoni per ben dodici anni, e a tutti coloro che oggi possiedono una 1800 e l’apprezzano per quello che è: un pezzo della storia di Volvo.